E' vero, ti avevo detto che ne avremo parlato da vicino, durante uno dei nostri pomeriggi, solo che io e te non abbiamo più tempo per giorni così.
Siamo troppo grandi per un divano e due tazze di cioccolata calda e latte e miele ormai.
Mi rimane solo questo: almeno una delle due sfrutterà questo tempo in maniera proficua. Avrei voluto farlo anch'io, ma non ce la faccio più.
E' un peso enorme e non riesco più a portarmelo dentro. Mi sento orribile, un mostro, ma non posso farci nulla. Non c'è pozione che possa bere per cambiare quello che ho dentro ora. Non c'è.
All'inizio.
Com'era bello all'inizio. Tutto aveva un senso, tutto ruotava in maniera così dolcemente frenetica. C'era lui, con i suoi occhi azzurri e il sole e poi quel giorno al Policlinico e poi Settembre e quella spiaggia deserta e il tramonto e i suoi scherzi e il momento esatto in cui guardi una persona e senti che dentro di te l'amore può crescere e non avere un vero e proprio limite e le passeggiate e poi Ottobre e il ristorante cinese e il nostro braccialetto e le infinite volte in cui quelle cinque lettere sono affiorate sulle labbra prima del previsto e i nostri piedi scalzi sull'asfalto e la sua auto e tutti i posti che ho visto con lui e il suo sguardo perso inspiegabilmente nel mio e il suo modo di dirmi che ero bellissima e il suo profumo e il suo correre qui anche solo per un'ora, come un supereroe, come il mio supereroe e le sue rose, le uniche che abbia mai avuto la gioia di ricevere e le uniche che mi siano apparse vere e tutto il resto. Tutto il resto.
All'inizio quando lo accarezzavo, gli prendevo la mano e gli sfregavo il dorso con il pollice,lo riempivo di baci sembrava di stare riservando quelle cure a me stessa; guardavo il limite della sua pelle e non riuscivo a capire dove finisse la sua e iniziasse la mia. Eravamo una cosa sola io e lui. Abbracciavo lui e contemporaneamente sembrava di abbracciare me. Come se fossi nella sua carne. Camminavo per le strade osservando gli altri e chiedendomi come potessero avere la capacità di condurre una vita civile in questo mondo e amare come ci amavamo io e lui allo stesso tempo.
All'inizio.
I presupposti per uno di quei film perfetti per cui nessuno desidera mai una fine.
Finisce Novembre. Soltanto questo. Finisce Novembre.
E' una specie di maledizione la fine di Novembre: devo sempre aspettarmi qualcosa di orribile durante gli avanzi che questo mese riserva.
Arriva lui dopo nove giorni d'assenza e qualcosa era cambiato. Il suo sguardo era duro. Credimi, era duro e io non l'avevo mai vista la durezza, prerogativa della materia, in un paio d'occhi, prerogativa del mio amore. Eppure erano freddi e cinici. Lui non c'era più.
"Un regalino"- questa era la parola; la frase e il contesto in cui è stata pronunciata non ho la forza di confidarteli.
Una frase, una stupida, orribile, enormemente seria, vomitevole frase e lui non c'era più.
Noi non c'eravamo più.
Solo io, su quel letto buio a chiedermi chi avessi di fianco. Io senza il coraggio di voltarmi e guardarlo negli occhi. Occhi che non erano più gli stessi, che non erano più miei. Senza riguardo per quell'amore, per quanto potesse essere fragile, per quanto io potessi esserlo.
Molto spesso, però, le persone si credono più forti di quanto la loro costituzione non li porti ad esserlo realmente, così serrai le palpebre e ignorai quel giorno convincendo me stessa che l'avrei superato, che sarei stata abbastanza brava da scavalcarlo. Mi sbagliavo e questo lo hai visto anche tu.
Solo che poi è arrivato Dicembre e con lui anche le seconde possibilità. Si danno a tutti e io ero troppo debole e dipendente da quell'amore per pensare di lasciarlo andare davvero.
Di nuovo le sue labbra, le sue mani, il suo sorriso. Come un vaso rimesso in sesto dopo una rottura, come mille cocci tenuti insieme dallo scotch, così ricominciavamo noi. Così credevo.
La realtà è un'altra. E' un'altra e io non ho il coraggio di pronunciarla, ma ora è Gennaio ed è quasi un mese che ci combatto.
Ho cercato di soffocarla con tutti i cuscini possibili. Le cose sono cambiate. Lui è cambiato. Noi siamo diversi. IO, sono cambiata io.
Discutiamo per ogni cosa, critica il mio aspetto e senza ironia; ha avuto da ridire sul modo in cui scrivo, in cui mi vesto e me ne rendo conto solo ora. L'osservo e tutti i suoi difetti che prima erano una delle mie gioie più tenere, adesso mi sbattono contro le pupille come ali di farfalle graffianti.
Di ritorno da Praga, quella mattina eravamo via, via dalla città. Abbiamo passato la giornata insieme e io ho cercato in tutti i modi di strozzare quella voce che mi martellava le pareti dello stomaco. Poi c'è stato un momento in cui mi son ritrovata da sola e allora si è presa la sua rivincita e non ho potuto fermarla. Mi son guardata allo specchio e mi son chiesta che cosa ci facessi lì. Quel pomeriggio senza pensarci gli ho detto: "Ti voglio bene" e lui sì, che ci ha pensato. Ti voglio bene.
Non lo amo più. Io non lo amo, Rì.
Non sono più felice con lui e non mi sento amata in un modo che può rendermi felice. Non più.
Ho provato in tutti i modi, durante tutti i giorni che si sono susseguiti dalla nostra riappacificazione ad ingoiare quella consapevolezza, ma non si può sfuggire alla realtà per sempre.
Io ci tengo a lui, da morire, ma non lo amo. Non lo amo più. Mi sento uno straccio consumato e inzuppato nell'acqua sporca di un secchio usato per pulire pavimenti.
Tutto quello che siamo stati mi manca così tanto. Lui, quello che mi ha colpito il cuore, mi manca così tanto. L'ho cercato tutti i giorni, dietro tutti quegli sguardi strani, distaccati, sotto e sopra ogni giorno passato insieme nell'ultimo periodo, aldilà di tutte le litigate avute. L'ho assecondato in tutte le discussioni, ho perso me stessa e le mie opinioni per lui, per noi, pensando di essere io il problema, credendo di poterci recupere, di aver esagerato, di poter annullare quella voce, ma non ha funzionato, perché sono riuscita ad annullare solo me stessa. E ora mi sento sottile come un foglio di carta buttato sul pavimento. Raso terra, ecco come.
Non posso più stare con una persona che mi perde, mi tratta con noncuranza se le cose non vanno come vuole. Non posso stare con una persona che non è più il mio primo amore e questo fa male. Quanto fa male, quanto.
-"Perché piangi?"
-"Perché sono innamorata di un lui che non c'è più e di un noi che non potrò mai più avere."- Era questo che avrei voluto risponderti oggi a scuola, ma come si fa a dire una cosa così alla tua migliore amica a scuola e chiuderla lì?
Il 20 ha un esame importante. Devo aspettare quel giorno, non posso fargli questo.
Farà male, fa già un male assurdo.
Ti vorrei qui, amica mia.
Per la prima volta dopo anni, questa è la prima in cui ti vorrei affianco in un momento così, in cui vorrei un abbraccio, perché non so come si fa a fermare queste lacrime da sola, perché ora sto scrivendo senza mai fermarmi, perché tutto quello che c'è stato prima mi manca così tanto, così infinitamente tanto,perché lui non doveva cambiare così tanto, perché è orribile rendersi conto di non amare più una persona, ma volersi illudere ad ogni costo di poter salvare tutto, per lui, per non fargli questo, per quel noi che credevo sarebbe rimasto la cosa per me più importante per sempre. Per sempre.
Ma le cose cambiano. Cambiano e lui, che mi ha salvato tante volte da un mondo che non mi piaceva, non è più per me. Io non sono più per lui e mi sento così male.
E' stato il primo a farmi mettere in moto un auto, la sua, rischiando tutto. Il primo che abbia mai amato e che sia stato capace di farmi guardare allo specchio e farmi sentire brutta. Bruttissima.
Non sarà facile, lo sto preparando e, in un certo senso, lo sto facendo anche con me stessa. Dovrò ridargli tutte le sue cose, tutte le cose che lui aveva dato a me, che erano diventate nostre? Così dovrò fare? Io non lo so. Mi sento come una bambina a cui hanno dato una bomba che non sa disinnescare.
Sembra un sogno, un incubo terribilmente chiaro.
E' così che le storie finiscono, anche quelle grandi e meravigliose? La nostra mi sembrava una di queste.
Scusami, scusami mille e mille volte se non ce l'ho fatta. Scusami, ma per me era troppo.
Dopo l'esame metterò fine a tutto questo. Il 20. Vorrei fosse più lontano di così, probabilmente per lui e più vicino di quanto invece non è, probabilmente per me. Cinque giorni dopo avremmo fatto cinque mesi. Poi sei.
Quanto avrei voluto che le cose fossero andate diversamente, ma il condizionale in amore non funziona. Neppure il passato.
Ci avrò pensato un milione di volte prima di arrivare a questo. Ho cercato di evitare questo momento con altrettanto sforzo, ma non c'è soluzione. Non c'è altro modo, credimi.
"Cercherò di renderlo il più indolore possibile, te lo prometto, ma tu non rendermi le cose impossibili. Ti prego."
Indipendence