mercoledì 24 luglio 2013

La vitalità dei passati

Strano. Assurdo, quasi incredibile.
 C'era qualcosa che non avevo mai fatto anche qui, nel luogo dove ho perso la felicità. Perso, nel senso che qui si è nascosta, perché è qui che ha voluto restare. 
Non credevo e invece. 
Ci crederesti, Cecilia? 
No, mi ci vuole tempo per metabolizzare. 
Credimi, è davvero strano.
Come è possibile che per quindici anni non mi sono mai ritrovata in questa scena? Qui, dove sembra di aver vissuto tanto a lungo e tanto intensamente da aver creato una vita a parte e poi averla vista morire tre anni fa.
Come è possibile che non avevo esaurito tutte le carte del mazzo? Come è possibile che Lei si sia dimenticata di farmi vivere una situazione del genere?
E' una banalità, ma non riesco a capire come questo possa essermi sfuggito.
Eppure non ero neanche troppo piccola. 
Sono sola. Sola in questa casa. Nella Sua. 
Io e la casa. Sola con lei. Sola. 
Che strano. Guardo queste mura fuori dalle cuffie e le vedo piene. 
Piene di anni, di passato, di vita. Ex vita. Vita. Futura vita. 
Non mi importa neppure delle zanzare ora. 
Sembra di esser caduta in un mondo diverso dal mio.
Non mi capitava da tanto. Una dimensione parallela. 
Credimi, non puoi capire quanto tutto questo sia paradossale in questi attimi.
Un terzo mondo, estraneo al secondo, quello "normale", quello in cui vivo da un po' ormai. Quello duro, del dovere, quello dei soliti lamenti. Quello del Futuro.  Non pensavo sarebbe successo di nuovo.
 E, invece. 
Invece ora sono qui. Sola. 
Sola in questa grande casa, dove non mi sembra di aver mai lasciato la mia posizione iniziale. La postazione di partenza, prima degli spari. Oggi sembra siano tutti qui, quelli morti, quelli vivi. Assieme. 
Eppure non c'è nessuno. Solo io.
I miei occhi cadono sulle scie di luce che il sole, a poco a poco, sta portandosi via e qui sembra di averli tutti al mio fianco. Ascolto le loro voci, annuso i loro sorrisi, tocco i loro sguardi. 
Come può essere?
Quanti giorni possono essere mai passati qui?
Come è possibile che neppure qui avessi finito di vivere?
Se fosse qui, la mia felicità, ora potrei darle un pezzettino di questo giorno, così sarebbe completa. E poi la lascerei andare. Di nuovo. A nascondersi. Non la cercherei più, perché in fin dei conti non credevo di potermi mai rianimare ancora qui dentro. Mi sbagliavo.
C'era qualcosa di nuovo anche nel passato.
Credevo che la mia vita in questa casa se ne fosse andata con Lei. Ma ora sono qui, in una situazione nuova e sono sola. 
Odora ancora di Lei questo appartamento. Io non credevo. 
Sembra che sia qui ad aspettarla. Che me ne stia accoccolata in questa grande poltrona verde in sua attesa, di ritorno dal supermercato, magari. Solo che Lei non sarebbe mai andata a far la spesa da sola, ma non mi avrebbe mai neanche lasciata sola, quindi. 
Due punture di zanzare. Il prurito mi sta logorando.
Prima sono salita al piano di sopra. Sono rientrata nel suo bagno: cercavo qualcosa di suo. Come una bambina, come una stupida i miei occhi si sono trovati soffocati dalla foga di trovare qualcosa esattamente nel modo in cui lo aveva lasciato. Che stupidaggini, sono passati quasi tre anni ormai. 
Me lo sono chiesta tante di quelle volte durante tutto questo tempo: se fosse rimasto ancora qualcosa esattamente nella stessa posizione in cui Lei lo aveva messo. Alla sua postazione di partenza. Ma non può essere. 
Tante cose non possono più essere, ma ora non voglio pensarci, perché il dolore è prerogativa del secondo mondo, e io lì ancora non ci voglio tornare. 
Ti sto aspettando, forse. Magari sei già qui e io non ti vedo. 
Magari qui, su questa strana pellicola, tu non sei andata via e ora sei appena entrata dalla porta e mi stai cercando, ma non mi trovi. E io non trovo te. Mi sono nascosta troppo bene, forse. Probabilmente lo hai fatto anche tu, chissà. 
Magari è solo che sei in un altro mondo, diverso dal mio. 
Ti ho cercata in ospedale, sai? 
Non volevo rientrare in quel posto, ma non l'ho fatto intenzionalmente. Non avevo realizzato, poi una mattina ero in corridoio e l'indicazione della Cappella ha vomitato tutto fuori. Le finestre strozzate, i corridoi bassi, i cartelli blu. Quanto tempo. Eccessivamente poco, ecco quanto. 
E' stato meglio così. Ho imparato a conviverci e non è stato tremendo. Non facile. E' diverso da come lo abbiamo visto noi, sai? 
E' solo un enorme ospedale. 
Mi spiace solo che sia stato l'ultimo. Non era granché.
Forse quelli del tuo mondo sono migliori. 
Magari sì. 
Un giorno la vita si stancherà di farci giocare a nascondino. Quel giorno saremo di nuovo assieme.
Quel giorno anche i miei occhi li vedranno tutti qui, davanti a me. Con me.


Indipendence 


mercoledì 10 luglio 2013

ridi il resto viene da sè




Non lo so perchè, un tempo sarei morta, ci sarei rimasta male, mooolto male eppure ho imparato a dare ad ogni individuo ceh entrava nella mia vita  la giusta importanza, nulla più e nulla meno, forse ha ragione si tratta di essere a convenienza... ma perchè è così sbagliato !??!?! è così sbagliato non volere essere certi di nulla, essere sempre in bilico, non avere fame  perchè una parte di te non ci capisce nulla, è così sbagliato non voler chiarire perchè la situazione ti piace così com'è?? L'incertezza costante che sia meglio questo che quello che mi hanno fatto gli altri, gli altri prima di lui... forse se non ci fosse stato A. che mi ha insegnato quanto non farsi sentire aumenti solo il desiderio di sentire una persona, che mi ha insegnato ceh non fottersene è sempre meglio di mettere in gioco tutto, cuore, anima e corpo, il MIO corpo che per un po' è stato di altri, mi ha insegnato che sono io a dirigere il gioco che devo essere io a scegliere, ebbene io scelgo di non baciarlo se mi viene chiesto, scelgo di non contattarlo, scelgo di non interessarmi, se son rose fioriranno ... questa volta non voglio essere io a mettere in gioco il 90% di me stessa per poi trovarmi con le pacche all'aria, per poi trovarmi a curarmi da sola le ferite che lui ha lasciato, per poi trovarmi con un sorriso scemo sul volto ogni volta che ci ripenso, per poi trovarmi senza di lui quando mi manca, per poi trovare il vuoto ad ogni passo verso di lui, per poi trovarmi in un vortice di paura e confusione....
Non so cosa bene voglia da questa " relazione" che non sembra portare a nulla di buono, ma oggi ho dato un consiglio ad una mia amica, dicevo più o meno questo " vivi, vivi finchè ne hai la forza, non passsare tempo a rimuginare su quanto sia stronzo, non buttare tempo, momenti della tua vita, in cui potresti girare la testa e lasciarti andare, divertiti, racconta al mondo com'è in realtà non fregarsene, divertiti e prendi quello che viene, lascia stare tutto il resto, vivi e lascia vivere, chi vivrà vedrà, vivi per vedere,vivi perchè è bello rendersi conto che sei libera di girarti dall'altra parte e non rimanerci male, libera, perchè la libertà non te la regalano, te la conquisti"
Dopo aver parlato così per mezz'ora mi sono accorta di quanto in realtà quelle parole io le stessi dicendo a me stessa e non a lei perchè per una volta non me ne fotteva...
Lui c'è, ora, lui non c'è dopo 5 minuti, lui non ci sarà mai e forse non sarà così importante nè degno di essere conosciuto da te, ma in ogni caso da tutta questa situazione ho imparato una cosa:  RIDI.... il resto verrà da sè.....



Tu sai che sono una stronza pazza 
Faccio quello che mi pare quando mi pare 
Tutto ciò che voglio fare è perdere il controllo 
Ma non te ne frega proprio niente 
Tu mi assecondi, mi assecondi, mi assecondi 

martedì 9 luglio 2013

I fascini della Scienza

Stasera sono stanca. Stasera sono felice. Stasera ho un nodo allo stomaco e non so cos'è. 
Ci sono tante cose che non so come connettere ora. Tante cose non dette. Tante che vorrei eliminare dal mio cervello. 
Ma sono felice, è questo quello che conta. Non so cosa scriverò, nè quanto avrà senso, ma è lo stesso.
Lui viene e se ne va e non ha importanza. Non ce l'ha mai. 
Viene e va e prima che venga io non rido mai.
Viene e va e quando c'è rido e basta.
Viene e va, senza che io riesca a trovare qualcosa che di lui possa piacermi.
Viene e va, senza importanza. Come questo post.
Senza che io riesca a trovare qualcosa che di lui possa piacermi.
La vita è così strana e tutto questo non ha senso. Non ha senso che io ora sia qui a parlar di lui. Lui, che non voglio neppure abbia un ruolo nella mia vita. 
Non ha senso niente quando sono con lui. 
Sa un trilione di cose su di me e io neppure una. Sa cosa vere, mezze verità, bugie e segreti. Cose che la mia mente non ha mai detto. Sa cose che vorrei non sapesse. Sa cose che non centrano niente con lui, con questo post. Lui non centra niente con tutto questo. 
E io non voglio avere problemi. Con me. Con lui. Con il suo ruolo in questa casa.
Ho un brain storming nella mente. O, forse, è il brain storming che ha la mia mente dentro.
Mi viene da urlare, mi viene da dirgli di andar via, che non mi serve più. Eppure ora è qui. Già qui.
Non è stato un gesto d'istinto. In realtà, tutte le volte che ho scritto di un ragazzo prima che divenisse Il ragazzo, è svanito. Nel nulla. 
Spero riaccada. Prego sia così.
Eppure lui viene e va. E io son qui. 
E me l'ero ripromesso: niente più persone, che all'anagrafe e agli atti di legge sono considerate ADULTE. 
Oggi ero stanca, però.
Lui ha bussato al campanello e io ero stanca. E non ce l'ho fatta. Ero stanca. Lui mi ha detto che non era possibile che non avessi ragazzi di cui parlare, che non gli parlassi mai di me, sempre degli altri. E io ero stanca. E lui- come sempre- ha attaccato con il suo monologo su quanto io in realtà fossi noiosa. E io stavo lì, a divertirmi guardandolo mentre mi ritraeva. In maniera completamente diversa da come sono. E mentre lo osservavo, osservavo gli occhi della gente del Mondo di Fuori e il loro modo di vedermi. Ed ero stanca. E mi sono accorta di quanto sia brava a fingere una me, che qui dentro non riesco a trovare, a creare. Ma ero stanca e non ce l'ho fatta a rimanere in silenzio e lasciarglielo credere. E così ho parlato. Di me. Ho visto ogni singola asse della costruzione che si era creato cadere nei suoi occhi. L'ho visto e più lo vedevo, più mi sentivo debole. Non avevo mai parlato di me, di com'ero a qualcuno. E mi sono accorta di quanto mi senta falsa a raccontarmi. Eppure stavo dicendo la verità. Eppure lui era lì, mentre io parlavo di me. 
Pensava fossi una convinta. Mi credeva una piena di sè. Mi è venuto da ridere e ogni singolo suono che usciva dalla mia bocca era frammento del desiderio del voler essere esattamente come lui mi aveva vista. 
E ho ringraziato il cielo per apparire così al mondo. E gli ho detto di quanto in realtà fossi un'insicura del ca__o. Solo che quando dici una cosa vera, quando ti apri, non sembra mai abbastanza e devi mettercene una falsa vicina.E più mi aprivo, più volevo richiudere tutte quelle parole dentro la gabbia toracica, perché dopo mi son sentita nuda. E falsa. Da fuori può sembrar bello dirsi timida, brava, buona. Da dentro fa schifo, questo volevo dirgli. Da fuori può sembrare che voglia far colpo. Da dentro fa solo schifo, questo volevo dirgli. Eppure le parole andavano come un fiume.E quindi ho inventato, per un po'. Gli ho raccontato una storia, una di quelle che per metà è già accaduta, solo non adesso. Prima. Ma ero stanca. Stanca di vedermi con i suoi occhi. Occhi di chi non ti conosce affatto. Occhi di chi ha il tempo di osservarti solo superficialmente. E gli ho raccontato quello che lui voleva sentirsi dire. Eppure lui rideva. Io ridevo. E sono passate due ore. Di verità, di bugie, di mezze certezze. E lui mi guardava in modo strano e poi rideva. E io ho odiato dovergli dire tutte quelle cose. Ma ero stanca. 
E poi ho guardato il cellulare. Erano passate due ore e doveva arrivare il tempo di ritirare tutto dentro, di rimettere tutto a posto. Di parlare di Fisica. 
Ma non è successo. Gli ho chiesto cose che esulavano. Abbiamo parlato di Integrali, di derivate. E mi è piaciuto. E più mi appassionavo, più lui si esaltava. Perché a me la Fisica piace poco, ma quando la spiega lui è diverso.
Perché ora mi ritrovo con centomila fogli di cose che non mi serviranno a niente e con tanta confusione nel cervello. Gli ho detto che dovevamo vederci solo una volta a settimana e il suo sguardo si è indurito e mi ha detto che avrei dovuto iniziare a studiarmeli da sola, gli argomenti. Gli ho chiesto fin dove avrei dovuto far da sola e mi ha risposto:" Fin dove arrivi. Se non capisci qualcosa, la rivediamo assieme". 
Oggi quando è arrivato, avrei voluto dirgli:"Non studiamo. Parliamo e basta. Ti prego, sono stanca."
E con lui ci discuto. Con lui che è grande. Troppo per me. Ho provato a dirglielo. Gliel'ho messo tra una risposta e una domanda, tra una verità e un muro: "...Forse per te e i tuoi amici, che siete grandi". Mi ha detto che non è così. Che all'Università non si è grandi. Che non è vero nulla. 
E avrei voluto dirgli che non può far così, perché un modo per scacciarlo dalla testa devo pur trovarlo. Che deve aiutarmi a farsi uscire dal cervello, che di problemi ne ha fin troppi.
E avrei voluto che lui vedesse i miei lati positivi. Che mi conoscesse per quella che sono e non per quella che voglio esser ai suoi occhi. 
Ma lui non ha importanza. Non voglio che l'abbia. Non più almeno. Ecco perché.


Indipendence