mercoledì 13 agosto 2014

Altri fantasmi

E poi ci sono giorni così, in cui ti svegli con la consapevolezza di dover fare tremila cose, ma sai che nessuna di queste è irrimediabile e quindi finisci col non far nulla. Questo è il mio nulla.
In realtà, era un po' che volevo scrivere, ma il tempo si mangia le intenzioni e questo è un anno in cui ogni volta che vengo qui, mi mancano le parole. Smettono di invadermi la testa e dimentico il motivo che mi aveva spinto ad accendere il PC. 
Il problema è che i miei giorni girano, procedono, l'uno dopo l'altro, ordinatamente, ma alla fine i fantasmi sono sempre gli stessi. 
Sempre loro. E io son stufa di parlar di loro.
Perché quando l'amore sparisce o ce lo butti tu fuori dalla vita, iniziano le parole. Fioccano come neve. Quindi arriva il momento di farle uscire, ma tutto ciò che ti affiora sulla bocca o sui polpastrelli alla fine sono sempre loro. Gli stessi vecchi fantasmi. 
Comunque vada, l'amore l'avrà sempre vinta su questa Terra e io non posso farci nulla, devo smetterla di combatterci, perché sono in minoranza. 
Che poi non è mica una lotta aperta; semplicemente una guerra fredda. La mia mente non si arrenderà mai.
Sai, credo che la concezione di amore come segno di debolezza sia un'eredità paterna.
Alle volte lo guardo, mio padre intendo, e realizzo di essergli più simile di quanto non speri e, benchè lo ammiri al pari del bene che nutro nei suoi confronti (tanto, infinitamente tanto, credimi), inizio a temere di essere destinata ad andare incontro a giorni in cui il lavoro mi porterà via dai miei figli, dai loro compleanni, dai loro saggi e io non voglio. Disperatamente no.
Ascolta, so che è una prospettiva lontana, ma ci penso spesso. Guardo mio fratello e penso che un'ora in più trascorsa con suo padre avrebbe cambiato le cose. Avrebbe fatto la differenza.
Io non lo so, la vita è un puzzle che alle volte, molto spesso nell'ultimo anno, mi sembra aggiunga pezzi su pezzi, proprio quando ero convinta di aver vuotato la scatola. 
Di tanto in tanto papà mi racconta del rapporto che aveva con Gianfri, quando era ancora un bambino e una volta ha usato delle parole che non si sono mai lasciate al ricordo: "Eravamo una cosa sola. Io ero sempre con lui". Mi è venuto da pensare che Lorenzo questo non l'ha mai provato e, forse, neppure io, ma questo poco importa. 
Il punto è che io ho saputo cavarmela, che io sono forte, lui no. Quando eravamo piccoli, mio padre c'era poco o niente e io non ci penso mai, ma quando l'argomento salta fuori mi accorgo che ci sono cose che non si possono rimarginare, perché quando sei un bambino non t'importa se il tuo papà è anche un bravissimo dottore: lui è solo il tuo papà ed è bravissimo comunque.
Ad ogni modo quelle che scelse per parlarmi del rapporto che aveva con mio fratello maggiore sono parole che non gli avevo mai sentito prima d'ora. 
Ci penso spesso, sai? Penso a come dev'essere stato avere un papà come gli altri, come quello delle tue amiche, come quello degli altri. E, pensando che Gianfri l'abbia avuto, sorrido, perché vuol dire che anche il nostro è stato presente. 
E' per questo che le notti scorse i miei occhi erano aperti, mentre la mia mente vagava. Cercavo di capire cose che- con buon'approssimazione- non capirò mai. Perché le cose cambiano, ad esempio; perché lui s'è fatto prendere dal lavoro in maniera così inesorabile proprio quando siamo nati noi; come dev'essere sentire la mancanza di un padre per un figlio; perché certi dolori ti si annodano così in profondità da dimenticarne l'identità, ma non la forma e da spingerti ad andare via di casa.
E, se dovessi dirti che ho trovato pane per i miei denti, sarei qui a spiegarti una bugia, perché la realtà è che va così. 
Mio fratello ha diciassette anni e ha fatto più stronzate di quante potrò raccontarne ai suoi figli e mio padre non si è mai messo davvero in discussione.
Hanno lo stesso maledetto carattere, sono gli stessi atteggiamenti in generazioni indefinitamente lontane. 
Alle volte ho paura che corrano il rischio di non incontrarsi mai e probabilmente sarà pure vero. Ecco perché ero sveglia le notti passate. Come posso io star ferma dinanzi ad uno sfacelo familiare di queste dimensioni? 
Il mio problema è però che una soluzione non c'è. Non alla mia portata, almeno. 
Il fatto che io non posso far nulla per aggiustare questa situazione mi fa salire una rabbia che neanche puoi immaginare. Vorrei tanto trasformarli in uomini di plastilina, da modellare nel modo giusto per farli combaciare, ma forse neanche io son capace di imprese così complesse. 
Quindi niente, devo stare qui e guardare il rodeo. E poi se lui va via, si tinge i capelli, si droga, mente (che è la cosa che alla fine mi fotte di più), fa nulla, io lo guardo. Ci guardiamo tutti qui e nessuno si tocca. Nessuno. 
La verità è che io volevo un padre a tutti i costi e mi sono fatta andare bene anche i suoi colpi di testa, perché dietro ci ho visto un cuore grande come pochi e, invece, i miei fratelli no. E la stessa cosa vale per mio padre che nei suoi figli non ci ha mai voluto vedere una debolezza o una mancanza,
"Sei l'affabile della famiglia. Quella buona. Quella non polemica"- con tutta me stessa detesto questa frase e mio fratello maggiore quando la pronuncia. NON ESISTE QUESTA PERSONA. O,se anche dovesse esistere, non è così che mi piace essere. Perché sono rimasta in silenzio ad ascoltarlo quando mi raccontava dei litigi con papà, perché gli ho gettato dalla finestra il pacchetto di sigarette prima che mio padre lo scoprisse, anche se avevo solo nove anni, e perché ora sono qui ad ogni pianto di mamma o silenzio di papà per una cavolata di Lorenzo. Io non sono affabile! Io sono semplicemente quella che rimane, per tutti. Per ognuno di loro e, quando alla fine mi vengono vicino per dirmi "Menomale che ci sei tu", vorrei tanto essere sorda. 
Per ognuno di loro, perché è sempre facile elogiare ciò che non si è voluti essere. La verità è che qui accettare di stare in silenzio quando ce n'è bisogno ha sempre avuto un prezzo troppo alto.
Ci sono tante cose che vorrei dirti, amica mia, ma esistono pesi che ti devi portare nell'anima da sola, perché gli altri non potranno mai capirti. Col tempo diventeranno parte di me, lo so, devo solo aspettare che l'anima li assorba.
Questo è uno dei motivi per cui mi piace partire da sola, perché sono io quella a cui devo dar ascolto. Io soltanto. Sono io quella che potrebbe fare scemenze, anche se poi non le faccio mai.
Io so che nessuno di loro me l'ha chiesto, ma con la stessa certezza so che il primo, nè l'ultimo dei miei fratelli, nè i miei genitori saprebbero reggere una figlia ribelle e in fin dei conti ormai siamo tutti grandi e gran parte di quello che si doveva fare è stato già portato a termine.
Mia madre dice sempre che ogni famiglia ha i suoi problemi, ma non sono d'accordo, perché, se anche fosse vero, la frase sensata sarebbe: "Ogni famiglia risolve i suoi problemi." 
 



 Indipendence

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