sabato 20 dicembre 2014

Il giro degli aquiloni invernali

Fra quattro giorni è Natale. Natale.
Sembra passato un secolo dall'ultima volta in cui mi sono accorta di un periodo come questo.
Sembra passata una vita intera dall'ultima volta in cui era Natale per me.
Sono cambiate tante di quelle cose, ma si dice sia la vita.
"E' la vita davvero?"- mi chiedo.
Dipende più dal Tempo, a parer mio. Si porta via le cose, le polverizza e  lascia gli scheletri nelle teste delle persone. Anche adesso, a Natale.
E' così strano crescere, sai. Così difficile, in alcuni casi. Non perché la vita sia difficile realmente, bensì per come la prendiamo noi.
Ieri il calendario segnava 19 Dicembre 2014, la vita dei nostri ragazzi segnava il loro ennesimo onomastico e la mia mente esattamente quattro anni dopo la sua morte.
Com'è strana la vita. Come sono strane le persone; tutte con quella loro strana incapacità nel dimenticare, nello smettere di soffrire.
Mi chiedo per quale ragione il Tempo, campione di incassi nel trasformare gli eventi, non sia capace di portar con sé le emozioni e di polverizzare anche loro.
Per quale ragione esisterà sempre un vuoto dentro questo cuore?
Quattro anni. E' tantissimo.
Alle volte mi chiedo se lei possa vedere cosa è cambiato, tutto quello che è andato storto, tutto quello che è andato dritto. Più di tutto, però, mi domando se lei riesca a scorgere le sensazioni. Le mie, quelle che albergano negli animi di chi le stava accanto prima. Chissà.
Mi capita di pensare che, semmai dovesse rifarsi viva, mi vergognerei di parlarle. Sono così diversa da prima, probabilmente non all'altezza di chi avrei voluto essere per lei.
Il fatto è che gli anni sono passati anche per me e il cuore mi si è un po' indurito. Non saprei neppure come iniziare.
Della ragazzina di quindici anni l'unica scheggia che ancora mi porto dentro è semplicemente il dolore della sua perdita. E' rimasta intatta, perché- come ti dicevo prima- il Tempo non è riuscito a rubarla, anche se avrei voluto.
Neanche adesso, a Natale.
L'altra sera è venuto D. a casa e gli ho preparato la cioccolata calda. Mentre mescolavo quel liquido scuro, pareva di mescolare anche la mia anima. Con i ricordi, con te e me. Tutto a galla.
Gli ho raccontato dei cuori spezzati e delle lacrime versate in quelle tazze assieme al rumore delle risate.
Poi mi ha posto una domanda e mi sono ritrovata a parlare di lei. E di te. E di lei e di quando mi sei stata vicina. Perché lei se n'era andata.
La cioccolata continuava a ruotare nel pentolino e ci avevo inchiodato gli occhi per non permettere a nessuna lacrima o emozione di uscire.
Impassibile il più possibile.
Un paio di frasi, niente di più, per poi acciuffare subito un altro argomento di cui parlare. 
Continuavo a mescolare, ascoltavo le mie parole uscire dalla bocca come in lontananza e dentro sentivo riaprirsi tutte le cicatrici. 
Riecheggiava la tua voce, il rumore di quella collanina che adesso non indossi più, il suono di tutte quelle urla, i pianti, le notti passate a soffocarli, gli occhi gonfi, i denti stretti fino al mal di testa e tutto lo schifo che ha fatto seguito prima, dopo e durante. Finché non ho sentito delle braccia cingermi la vita . "Mi dispiace, piccola"-e la mente si è fermata.
Eppure ero stata brava, anni e anni di esperienza e nessuno se n'era mai accorto.
Ho smesso di mescolare, mi sono voltata, gli ho puntato in faccia lo sguardo più distaccato che avessi e consegnato un sorriso distratto:" Fa niente"- gli ho risposto, riportando l'attenzione al pentolino fumante. Lui mi  ha rigirata, mi ha guardata e in quel momento ho visto il suo volto, quello che aveva negli occhi.  Gli dispiaceva davvero.  
Io non sono riuscita a trovarci un senso, avrei voluto ringraziarlo, ma ho semplicemente lasciato che mi abbracciasse.
Dentro quell'abbraccio ho trovato pace.
Erano quattro anni che non abbracciavo così. Come si abbraccia quando ci si sente vivi.
Adesso è Natale e ovunque lei sia ora, spero soltanto che possa vedere quello che provo, perché avrei tanto voluto parlargliene. Avrei voluto parlarle di tante cose in realtà; chiederne ancora di più, ma il Tempo ha fatto il suo lavoro e questo è il quarto Natale in cui non la troverò seduta su quella poltrona di wimini a sorseggiare caffè in vestaglia alle nove del mattino.
Niente di più, niente di meno.

Indipendence

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