E te lo vorrei già aver detto, ma tanto che te lo dico a fare. E io odio trovarmi in questa situazione, perché io non sono fatta per le liti. Non mi piace, perché io non dico mai nulla, a me va bene tutto. Va bene sempre tutto. Eppure.
Ma tanto che te lo dico a fare. Io non so che cosa sia successo, fatto sta che- tutto a un tratto- mi è sembrato non avesse più senso venire qui. Io non lo so perché ti sei comportata come ti sei comportata.
E non ce la faccio a non chiedermi se è colpa mia, perché io non ci so stare nelle liti. Io mi faccio sempre andare bene tutto, è solo che tu mi hai come frantumato lo stomaco l'altra sera. Come la punta dell'iceberg, la ciliegina sulla torta, così è stato l'altra sera. Credevo di conoscerti. E' questo il problema. Come quando tua madre prepara la sua solita torta e ti chiama per dartene una fetta e tu arrivi in cucina con il cuore e lo stomaco aperto, solo che poi l'addenti e scopri che le uova che aveva usato erano marce. Com'è possibile? Era sempre la solita torta, quella che ti piaceva tanto e ora non era più la stessa.
Io non so spiegartelo, perché vorrei non esser mai arrivata a questo punto, ma è stato orribile. Punto.
Io non sono arrabbiata, almeno credo. Sono soltanto...dispiaciuta. Vorrei non volere usare questa parola, credimi, ma è come mi sento ora e non posso tenermela più dentro...è delusione. Un po', però c'è.
Il fatto è che per tutti questi giorni per ogni tua risposta acida, per ogni volta che mi son ritrovata a parlare con tuo fratello, invece che con te, anche quando stavo per partire per Londra e non te ne è fregato neppure per un secondo di farmi uno squillo, ma l'unica tua preoccupazione è stata quella di lasciarti degli schemi di Filosofia, per ogni volta, credimi ogni volta, in cui ho perso il fiato cercando di pensare a come fare per risollevarti senza che mai tu ti sforzassi di farmi capire, per tutte quelle volte io ti ho sempre creduta triste, DELUSA, amareggiata perchè era un brutto periodo, perché era tornato chi ho detestato così tanto al posto tuo per il male che ti ha fatto e allora ho taciuto e l'ho fatto in silenzio, perché non mi è pesato, MAI, e lo rifarei mille e mille volte. Solo che poi tu mi hai aperto gli occhi, una te che mi sono accorta di non conoscere o di non aver mai visto prima d'ora. E' stato tremendo rendersi conto che con gli altri, tutti gli altri, questi problemi sparivano, comprendere che per loro avevi sempre un sorriso e una risata e quando si trattava di voltarsi da questo lato c'era solo acidità, rabbia e un "Tanto che fa, non fa niente, tanto lei non dice niente."
Ed è vero, hai ragione, io non dico mai nulla, perché penso che l'amicizia sia un'altra cosa rispetto a ciò che l'hai ridotta esser tu. Pensavo fosse lo stesso anche per te.
E poi è arrivato sabato e tutto è stato più chiaro. Ed è stato tremendo realizzare che non potevo firmarti nessuna giustifica per il modo in cui ti eri comportata con me.
Ora è come se tutto fosse più chiaro. Lo è.
Ascolta, tu non hai più bisogno di me. Hai tanti amici ora, sei venuta a casa mia, un posto in cui credevo non mi avresti mai abbandonata, hai cercato complicità con un'altra persona - che mi andava benissimo- ma a scapito mio ed è come se non riuscissi ancora passarci sopra. Tu non dovevi, Rita, e io non credo di averti mai detto cosa dovevi e cosa no e ora che mi trovo a scriverti questo mi rendo conto che le cose sono cambiate. Forse perché la ragazza che conoscevo prima non si sarebbe mai permessa di parlarmi alle spalle in casa mia e senza neppure pronunciare una parola, ma solo con uno sguardo; forse perché la ragazza che conoscevo prima era sempre la prima ad aiutarmi e credevo non mi avrebbe mai abbandonata, pensavo di salire sul terrazzo e trovarmela ancora lì con la scopa in mano a chiedersi come avessero potuto gli altri ad andarsene via senza importarsi di nulla; forse perché la ragazza che conoscevo prima mi diceva tutto e non esagerava amplificando un dispiacere che in presenza di altri si è rivelato solo una finzione. Forse perché la ragazza che conoscevo prima non esiste.
Mi hai spaventata, sarà esagerato, ma è questo quello che sento di dirti.
Io non ti servo più, Rì. Non lo dico con rabbia, ma evidentemente era arrivato il momento in cui nella tua vita occupavo il ruolo del "lascia il tempo che trova". E a me non va, non va più almeno.
Tanto so di lasciarti in buona compagnia. Ora hai di nuovo loro e puoi dire loro quello che dicevi a me, puoi amplificare con loro un dolore per persone che ti hanno fatto male tempo fa. Io sono solo dispiaciuta, tanto e troppo. Più di quanto dovrei forse, ma il fatto è che ci tenevo.
Il fatto è che tu eri quella che non avrei mai immaginato mi desse per scontata, quella che non mi avrebbe mai criticato o pensato del male, non senza dirmelo dopo, figuriamoci comportarsi come se fossi la prima estranea o l'ultima stupida che ha sempre tempo per ascoltare, per stare in silenzio. Sempre la prima da dimenticare.
Da quel che ho capito tu non ti sei accorta di niente. Credimi, non fa niente, perché io non devo perdonarti per nulla, perché non c'è nulla da perdonare, non c'è mai. Sembra quasi senza senso questo scriverti, perché sembra assurdo trovarmi in una situazione così fredda con te, che ci chiamano migliori amiche, ma ci sono adesso. E adesso ti dico che pagherei milioni per tornare indietro un mese, una settimana e pregarti di non allontanarmi come hai fatto, anche solo per non dover iniziare tutto questo, ma non si può fare.
Una volta eravamo a casa, era una delle prime volte, se non proprio la prima. Eravamo in camera di mio fratello e stavamo finendo un cartellone. C'era anche Mè. Non ricordo bene come, ma ad un certo punto disse:"No, per me è meglio quando uno dice le cose alle spalle, invece che dirle in faccia". E io me lo ricordo il tuo sguardo, lo ricordo come fosse ieri, perché diceva tutto quello che avevo in testa e poi giù a dirgliene di tutti i colori per quanto più si poteva, perché noi pensavamo l'esatto opposto. E sono passati quattro anni. E io pensavo fosse sempre lo stesso. E io pensavo sarebbe stato così per sempre.
Ma le cose cambiano, me lo hai detto tu, te l'ho detto io e ce lo siamo detto, scritto, urlato, cantato un sacco di volte, senza mai capire cosa volesse dire davvero.
Ti voglio bene, Rita, e non scherzavo quando all'inizio ti dicevo che non avrei potuto, Mai, neanche se avessi voluto, non volertene più, ma mi manchi. Mi manca la Rita che conoscevo, forse però quella non è mai esistita. Mi manca, ma a me mancano sempre le persone che non sono mai sicura siano esistite davvero: prima Lei, poi D. e ora anche tu. E io non credevo.
Ci son rimasta troppo male. Troppo, come non vorrei.
Io sono qui, ci sarà sempre un posto per te, perché non ho mai mentito ed è vero che per me sei come una sorella, ma non riesco ancora a capire. Capire se tu hai ancora bisogno di me, o se ormai per amicizia intendi qualcos'altro che io non riesco a tradurre. Capire come puoi non esserti accorta di quanto io ci rimanessi male ogni volta.
Non volevo scriverti una sottospecie di lettera, perché speravo avremo concluso con le parole, ma è andata così. Forse è così che doveva andare, in nessun modo. In silenzio e con tante parole.
Forse siamo cresciute abbastanza e in due modi troppo diversi per rimanere amiche come lo eravamo prima.
Non lo so. Soltanto mi dispiace. Avrei solo voglia di dirti che sarai la mia migliore amica per sempre e che non ti devi preoccupare, perché è una stronzata, che la si supera, perché tanto siamo insieme, come faccio sempre, ma stavolta tu ti sei dimenticata di me, sono diventata solo una scocciatura, una che tanto adesso siamo in silenzio,sorridiamo, va tutto bene, poi dopo, quando non siamo più insieme, diciamo le cose che non ci sono andate bene. E forse adesso ho paura, ma paura davvero, che non sarà più lo stesso.
Basta scrivere, ti prego,
Cè
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