sabato 20 dicembre 2014

Il giro degli aquiloni invernali

Fra quattro giorni è Natale. Natale.
Sembra passato un secolo dall'ultima volta in cui mi sono accorta di un periodo come questo.
Sembra passata una vita intera dall'ultima volta in cui era Natale per me.
Sono cambiate tante di quelle cose, ma si dice sia la vita.
"E' la vita davvero?"- mi chiedo.
Dipende più dal Tempo, a parer mio. Si porta via le cose, le polverizza e  lascia gli scheletri nelle teste delle persone. Anche adesso, a Natale.
E' così strano crescere, sai. Così difficile, in alcuni casi. Non perché la vita sia difficile realmente, bensì per come la prendiamo noi.
Ieri il calendario segnava 19 Dicembre 2014, la vita dei nostri ragazzi segnava il loro ennesimo onomastico e la mia mente esattamente quattro anni dopo la sua morte.
Com'è strana la vita. Come sono strane le persone; tutte con quella loro strana incapacità nel dimenticare, nello smettere di soffrire.
Mi chiedo per quale ragione il Tempo, campione di incassi nel trasformare gli eventi, non sia capace di portar con sé le emozioni e di polverizzare anche loro.
Per quale ragione esisterà sempre un vuoto dentro questo cuore?
Quattro anni. E' tantissimo.
Alle volte mi chiedo se lei possa vedere cosa è cambiato, tutto quello che è andato storto, tutto quello che è andato dritto. Più di tutto, però, mi domando se lei riesca a scorgere le sensazioni. Le mie, quelle che albergano negli animi di chi le stava accanto prima. Chissà.
Mi capita di pensare che, semmai dovesse rifarsi viva, mi vergognerei di parlarle. Sono così diversa da prima, probabilmente non all'altezza di chi avrei voluto essere per lei.
Il fatto è che gli anni sono passati anche per me e il cuore mi si è un po' indurito. Non saprei neppure come iniziare.
Della ragazzina di quindici anni l'unica scheggia che ancora mi porto dentro è semplicemente il dolore della sua perdita. E' rimasta intatta, perché- come ti dicevo prima- il Tempo non è riuscito a rubarla, anche se avrei voluto.
Neanche adesso, a Natale.
L'altra sera è venuto D. a casa e gli ho preparato la cioccolata calda. Mentre mescolavo quel liquido scuro, pareva di mescolare anche la mia anima. Con i ricordi, con te e me. Tutto a galla.
Gli ho raccontato dei cuori spezzati e delle lacrime versate in quelle tazze assieme al rumore delle risate.
Poi mi ha posto una domanda e mi sono ritrovata a parlare di lei. E di te. E di lei e di quando mi sei stata vicina. Perché lei se n'era andata.
La cioccolata continuava a ruotare nel pentolino e ci avevo inchiodato gli occhi per non permettere a nessuna lacrima o emozione di uscire.
Impassibile il più possibile.
Un paio di frasi, niente di più, per poi acciuffare subito un altro argomento di cui parlare. 
Continuavo a mescolare, ascoltavo le mie parole uscire dalla bocca come in lontananza e dentro sentivo riaprirsi tutte le cicatrici. 
Riecheggiava la tua voce, il rumore di quella collanina che adesso non indossi più, il suono di tutte quelle urla, i pianti, le notti passate a soffocarli, gli occhi gonfi, i denti stretti fino al mal di testa e tutto lo schifo che ha fatto seguito prima, dopo e durante. Finché non ho sentito delle braccia cingermi la vita . "Mi dispiace, piccola"-e la mente si è fermata.
Eppure ero stata brava, anni e anni di esperienza e nessuno se n'era mai accorto.
Ho smesso di mescolare, mi sono voltata, gli ho puntato in faccia lo sguardo più distaccato che avessi e consegnato un sorriso distratto:" Fa niente"- gli ho risposto, riportando l'attenzione al pentolino fumante. Lui mi  ha rigirata, mi ha guardata e in quel momento ho visto il suo volto, quello che aveva negli occhi.  Gli dispiaceva davvero.  
Io non sono riuscita a trovarci un senso, avrei voluto ringraziarlo, ma ho semplicemente lasciato che mi abbracciasse.
Dentro quell'abbraccio ho trovato pace.
Erano quattro anni che non abbracciavo così. Come si abbraccia quando ci si sente vivi.
Adesso è Natale e ovunque lei sia ora, spero soltanto che possa vedere quello che provo, perché avrei tanto voluto parlargliene. Avrei voluto parlarle di tante cose in realtà; chiederne ancora di più, ma il Tempo ha fatto il suo lavoro e questo è il quarto Natale in cui non la troverò seduta su quella poltrona di wimini a sorseggiare caffè in vestaglia alle nove del mattino.
Niente di più, niente di meno.

Indipendence

venerdì 19 dicembre 2014

ehm.....

..... non scrivo da una vita, forse non leggo ancora da più tempo... ma la realtà è che pian piano mi sono spenta, credimi mi vedo e mi chiedo dove sia finita. 
Avevo quella felicità stampata in faccia, insieme a quel sorriso che il mio migliore amico definì una volta finto. 
me lo sono chiesta a lungo, cosa è cambiato?
la realtà è che non esiste un reale motivo per cui stare male.
ho deciso di fare cosi, scrivero tutti i dubbi qua sopra e forse questo post non lo pubblicherò mai ma comunque è giusto dirlo ora.
io adoro programmare, adoro tutto cosi semplice e lineare e ora mi ritrovo nel caos e non so da dove mettere in ordine...
una strada lineare, dritta, piena di indicazioni , ben illuminata, asfalto appena fatto, perfetta...cosi doveva essere la mia.
non c'erano dossi, non curve, non deviazioni, non buio, solo luce e chiarezza. 
altezzoso, pretenzioso ecco cos'era. una farsa. 
----
era cosi fin quando non ho trovato una deviazione nella mia strada, una curva di quelle che stanno in costiera, dove tu non vedi cosa ci sia dopo e hai paura di andare a sbattere contro qualcuno o qualcosa, ma ti fai coraggio e vai avanti.
cosi ho fatto. 
ho svoltato, andando al buio, non sono morta. sono sopravvissuta.
cosi mi sento sopravvissuta all'anno peggiore vissuto in soli 18 anni di vita, 19 ora...
dunque riprendiamo il cammino... ho svoltato l'angolo e ho trovato sta viuzza.
non male.
a primo impatto.
era abbastanza illuminata, si qualche lucetta non funzionava, ma nel complesso non male.
si c'era qualche dosso, ma riparabile.
c'era qualche buco, ma colmabile.
c'ero io, qualche vuoto ma che qualcuno mi ha colmato. (grazie)
quindi dopo per un po' aver pensato che la strada fosse sbagliata, ho provato ad andare avanti invece che indietro. 
sono qua ora.
stanca, triste ma qualcosa sta cambiando.
un po' meglio di ieri e spero meno di domani. Mi ripeto che devo solo trovare la mia strada, mi ripeto che manca poco, me lo ripeto ogni giorno, sembra funzionare. 
sapevo cosa e chi dovevo essere. 
dovevo essere la migliore, ma non la migliore madre, la migliore persona, la migliore donna in carriera. voglio ancora esserlo. 
Dario mi ha sempre detto che io non ce la faccio, io devo fare tutto alla perfezione e che sarei stata una di quelle donne fissate con la carriera forse anche a discapito dei figli...
penso sempre che non vorrei mettere i figli in secondo piano, eppure... io davvero voglio essere la migliore, la migliore del corso, la migliore in tutto, la numero uno... mania di protagonismo... forse o forse il desiderio di dover essere all'altezza e dimostrarlo agli altri di esserlo. devo fare di piu. devo essere di piu. ecco le parole che mi ripeto spesso, sempre in realta. 
combatti per cio che vuoi e se cio che vuoi implica essere la migliore, sii la migliore, la piu forte, la piu determinata, la piu testarda, combatti per te e per nessun altro. 
tu, tu prima di tutto e tutti, tu e il tuo insormontabile ego, insieme alla tua insormontabile insicurezza, tu che quando ti dicono che sei intelligente e brava ti senti di aver scalato l'everest come se nulla fosse. 
ma essere la migliore porta un problema, quando non lo sei ti perdi.. 
e questo è successo a me. impensabile per me non essere la migliore eppure a volte succede... anche i migliori sbagliano 
io ho sbagliato a voler essere sempre la migliore, eppure il cercare con ostinazione e testardaggine la perfezione per molti è un difetto, ma cavolo quando penso a me questo è l'unico lato di me che cerco di trattenere con le unghie. mi ha reso ciò che sono, questo mi piace davvero tanto. 
ho visto me stessa cadere e rialzarmi e tanti fare lo stesso. 
io mi sto rialzando, ma ora so da dove ripartire. 
da qui.
da me. 
dal mio carattere. 
io ero quella da ce la posso fare e ti dimostrero di essere in grado 
cazzo, devo esserlo.
oggi per la prima volòta ho riprovato questa emozione. la mia professore di matematica ha il vizio di farti sentire sempre inadeguato, stupido.
oggi ho pensato... cazzo devo prendere trenta a questo esame, solo per farle vedere quanto valgo, solo per vincere io. lei non è migliore di me. ecco il punto. 
ecco cosa mi ha sempre mosso. 
ecco cosa avevo perso. scrivere rende tutto piu chiaro. 
io ce la posso fare, la mia molla è sempre stata questa, diomostra di essere la migliore, forza! 
e boom tutto di un colpo riaffora e la stanzhezza non importa, voglio essere  quella macchina da guerra, vai, vai, pigliati il tuo otto in greco, non mi scorderò mai quel 10 in matematica. 10... lo volevo da una vita con lei e poi l'ho avuto, ecco cosa sono una che combatte, che la strada perfetta se la crea, che non ci crede al non sei abbastanza e chi l'ha detto? tui che mi insegni derivate integrali o altro? ma.... vaf.....
io sono tutto cio che voglio essere. sono con un intelligenza superiore alla media, tesorop mio.
tu no sei una comune persona. io no.
eccomi. mi vengono i brividi a rivedere quel fuoco che ho avuto per anni negli occhi, la potenza della mia tenacia, eccomi cavolo quanto mi sento potente in questo momento. ora ogni volta che mi perderò rileggeero questo post.
quindi sappilo non pensare a quello che non sei riuscita a fare pensa a quello che sei riuscita a  fare, pensa a quel compito di scienze alle medie... 10 .. 10 pagine di trattqazione.... un voto certo ma non è il num,ero di per se, lei aveva detto io non lo metto piu di nove a questo compito telo dico eh rita! capisci lei non doveva metterlo, ma come dire di no a una che sapeva ogni cifra della circoferenza della terra a memoria, come? 
non si poteva, doveva.
lo avevo deciso io, era una sfida. dovevo vincerla.l'ho fatto. non pensare che è poca cosa, rita, pensa che sei riuscita nel tuo intento non importa quale fosse. pensa a quello che hai fatto.
combatti per quello che sei. 
io lo so che sai dove trovarti. non ti spegnere. sei la tua determinazione, sei il tuo stesso fuoco, tu rinasci da te sstessa, non esiste impossibile per te sul dizionario. 
credi in te, come solo tu sai fare.



mercoledì 13 agosto 2014

Altri fantasmi

E poi ci sono giorni così, in cui ti svegli con la consapevolezza di dover fare tremila cose, ma sai che nessuna di queste è irrimediabile e quindi finisci col non far nulla. Questo è il mio nulla.
In realtà, era un po' che volevo scrivere, ma il tempo si mangia le intenzioni e questo è un anno in cui ogni volta che vengo qui, mi mancano le parole. Smettono di invadermi la testa e dimentico il motivo che mi aveva spinto ad accendere il PC. 
Il problema è che i miei giorni girano, procedono, l'uno dopo l'altro, ordinatamente, ma alla fine i fantasmi sono sempre gli stessi. 
Sempre loro. E io son stufa di parlar di loro.
Perché quando l'amore sparisce o ce lo butti tu fuori dalla vita, iniziano le parole. Fioccano come neve. Quindi arriva il momento di farle uscire, ma tutto ciò che ti affiora sulla bocca o sui polpastrelli alla fine sono sempre loro. Gli stessi vecchi fantasmi. 
Comunque vada, l'amore l'avrà sempre vinta su questa Terra e io non posso farci nulla, devo smetterla di combatterci, perché sono in minoranza. 
Che poi non è mica una lotta aperta; semplicemente una guerra fredda. La mia mente non si arrenderà mai.
Sai, credo che la concezione di amore come segno di debolezza sia un'eredità paterna.
Alle volte lo guardo, mio padre intendo, e realizzo di essergli più simile di quanto non speri e, benchè lo ammiri al pari del bene che nutro nei suoi confronti (tanto, infinitamente tanto, credimi), inizio a temere di essere destinata ad andare incontro a giorni in cui il lavoro mi porterà via dai miei figli, dai loro compleanni, dai loro saggi e io non voglio. Disperatamente no.
Ascolta, so che è una prospettiva lontana, ma ci penso spesso. Guardo mio fratello e penso che un'ora in più trascorsa con suo padre avrebbe cambiato le cose. Avrebbe fatto la differenza.
Io non lo so, la vita è un puzzle che alle volte, molto spesso nell'ultimo anno, mi sembra aggiunga pezzi su pezzi, proprio quando ero convinta di aver vuotato la scatola. 
Di tanto in tanto papà mi racconta del rapporto che aveva con Gianfri, quando era ancora un bambino e una volta ha usato delle parole che non si sono mai lasciate al ricordo: "Eravamo una cosa sola. Io ero sempre con lui". Mi è venuto da pensare che Lorenzo questo non l'ha mai provato e, forse, neppure io, ma questo poco importa. 
Il punto è che io ho saputo cavarmela, che io sono forte, lui no. Quando eravamo piccoli, mio padre c'era poco o niente e io non ci penso mai, ma quando l'argomento salta fuori mi accorgo che ci sono cose che non si possono rimarginare, perché quando sei un bambino non t'importa se il tuo papà è anche un bravissimo dottore: lui è solo il tuo papà ed è bravissimo comunque.
Ad ogni modo quelle che scelse per parlarmi del rapporto che aveva con mio fratello maggiore sono parole che non gli avevo mai sentito prima d'ora. 
Ci penso spesso, sai? Penso a come dev'essere stato avere un papà come gli altri, come quello delle tue amiche, come quello degli altri. E, pensando che Gianfri l'abbia avuto, sorrido, perché vuol dire che anche il nostro è stato presente. 
E' per questo che le notti scorse i miei occhi erano aperti, mentre la mia mente vagava. Cercavo di capire cose che- con buon'approssimazione- non capirò mai. Perché le cose cambiano, ad esempio; perché lui s'è fatto prendere dal lavoro in maniera così inesorabile proprio quando siamo nati noi; come dev'essere sentire la mancanza di un padre per un figlio; perché certi dolori ti si annodano così in profondità da dimenticarne l'identità, ma non la forma e da spingerti ad andare via di casa.
E, se dovessi dirti che ho trovato pane per i miei denti, sarei qui a spiegarti una bugia, perché la realtà è che va così. 
Mio fratello ha diciassette anni e ha fatto più stronzate di quante potrò raccontarne ai suoi figli e mio padre non si è mai messo davvero in discussione.
Hanno lo stesso maledetto carattere, sono gli stessi atteggiamenti in generazioni indefinitamente lontane. 
Alle volte ho paura che corrano il rischio di non incontrarsi mai e probabilmente sarà pure vero. Ecco perché ero sveglia le notti passate. Come posso io star ferma dinanzi ad uno sfacelo familiare di queste dimensioni? 
Il mio problema è però che una soluzione non c'è. Non alla mia portata, almeno. 
Il fatto che io non posso far nulla per aggiustare questa situazione mi fa salire una rabbia che neanche puoi immaginare. Vorrei tanto trasformarli in uomini di plastilina, da modellare nel modo giusto per farli combaciare, ma forse neanche io son capace di imprese così complesse. 
Quindi niente, devo stare qui e guardare il rodeo. E poi se lui va via, si tinge i capelli, si droga, mente (che è la cosa che alla fine mi fotte di più), fa nulla, io lo guardo. Ci guardiamo tutti qui e nessuno si tocca. Nessuno. 
La verità è che io volevo un padre a tutti i costi e mi sono fatta andare bene anche i suoi colpi di testa, perché dietro ci ho visto un cuore grande come pochi e, invece, i miei fratelli no. E la stessa cosa vale per mio padre che nei suoi figli non ci ha mai voluto vedere una debolezza o una mancanza,
"Sei l'affabile della famiglia. Quella buona. Quella non polemica"- con tutta me stessa detesto questa frase e mio fratello maggiore quando la pronuncia. NON ESISTE QUESTA PERSONA. O,se anche dovesse esistere, non è così che mi piace essere. Perché sono rimasta in silenzio ad ascoltarlo quando mi raccontava dei litigi con papà, perché gli ho gettato dalla finestra il pacchetto di sigarette prima che mio padre lo scoprisse, anche se avevo solo nove anni, e perché ora sono qui ad ogni pianto di mamma o silenzio di papà per una cavolata di Lorenzo. Io non sono affabile! Io sono semplicemente quella che rimane, per tutti. Per ognuno di loro e, quando alla fine mi vengono vicino per dirmi "Menomale che ci sei tu", vorrei tanto essere sorda. 
Per ognuno di loro, perché è sempre facile elogiare ciò che non si è voluti essere. La verità è che qui accettare di stare in silenzio quando ce n'è bisogno ha sempre avuto un prezzo troppo alto.
Ci sono tante cose che vorrei dirti, amica mia, ma esistono pesi che ti devi portare nell'anima da sola, perché gli altri non potranno mai capirti. Col tempo diventeranno parte di me, lo so, devo solo aspettare che l'anima li assorba.
Questo è uno dei motivi per cui mi piace partire da sola, perché sono io quella a cui devo dar ascolto. Io soltanto. Sono io quella che potrebbe fare scemenze, anche se poi non le faccio mai.
Io so che nessuno di loro me l'ha chiesto, ma con la stessa certezza so che il primo, nè l'ultimo dei miei fratelli, nè i miei genitori saprebbero reggere una figlia ribelle e in fin dei conti ormai siamo tutti grandi e gran parte di quello che si doveva fare è stato già portato a termine.
Mia madre dice sempre che ogni famiglia ha i suoi problemi, ma non sono d'accordo, perché, se anche fosse vero, la frase sensata sarebbe: "Ogni famiglia risolve i suoi problemi." 
 



 Indipendence

domenica 6 luglio 2014

Don't ask me twice

Sai che ti dico? Che sono davvero felice di partire e non me ne frega nulla che quella è anche la sua città. Per prima cosa è la cittadina di campagna della mia infanzia. La casa di mia nonna. La villa di mia zia. I veglioni con le mie cugine. Le passeggiate in bicicletta. Le chiacchierate in veranda con Lei. La mia spiaggia. Le nostre risate. I nostri pianti. I tramonti mozzafiato. I campi di girasoli. Le passeggiate notturne. Le notti delle stelle cadenti. Le felpe bagnate dall'umido della sabbia. L'estate delle ragazze francesi. C'è qualcosa di me in ogni singolo posto di quel luogo e ci sarà sempre. Per me. E di lui, invece, ben poco. E quel poco lo farò sparire, perché sono stanca di ricordarli sempre tutti. Mi hanno stufato. Io mi sono stufata, perché non mi disfo mai di nessuno e non ne capisco il motivo.
Necessito di loro? No, perché alla fine non ci sono. Non ci saranno mai, devo ficcarmelo in questa benedetta testa. Sono così brava a capire come andranno tutte le vostre storie e con le mie non ne azzecco neanche una.
E adesso è tardi. Lo so che è tardi, smettila di dirmelo con  quella tua voce che mi rimbomba nella testa ogni volta che non dovrei far qualcosa, Rì, che tanto non me ne vado a dormire, se non mi sono sfogata fino all'ultimo. E' sempre stato così, quindi tu adesso cioncati lì e non parlare, che almeno quando sono qui, questo sai farlo bene.
Dicevo... mi respira l'anima al pensiero di dover andare via da qui e non perché "qui" non mi vada più bene. O meglio, anche per questo, ma soprattutto perché il fantasma della mia storia con lui sta cominciando ad inseguirmi in maniera fin troppo maniacale ed è arrivato il momento di soffiarlo via.
E' stata una relazione come possono essercene di tante, tantissime, infinite. Tutti si amano a questo mondo e tutti soffrono e io sono parte di quei tutti, dovevo immaginarlo. Niente di più banale di un primo amore nato durante l'estate, ecco cos'è stato. Non voglio esagerare, soltanto ridimensionare.
Sono stufa, stufa e stufa. Non vedo l'ora di arrivare lì e ricominciare. Ripartire, perché la mia estate è finita prima di quel giorno e voglio riprenderla.  Sono colpevole della fine di un'amicizia, dello sgretolamento di legami familiari e di un'intera comitiva, lo so, ma me ne frego. Se due cugini sono stati capaci di separarsi per una ragazza, non è affar mio. Non più, almeno.
L'unica cosa che mi interessa ora è vivere senza più fermarmi ad aspettare nessuno. Senza più riprendere nessuno. Niente storie d'amore, niente amore. Voglio una disintossicazione, si può?
Io la voglio e basta. Dovesse capitarmi l'amore di una vita, quest'estate è per me e per me soltanto. Devo insegnare alla mia mente a non sostare più su nessuno e lo farò. Basta film mentali, basta tutto.
Sono stanca, stanca di essere buona. Stufa di sognare. Non provo rabbia in questo momento, ma solo desiderio di respirare. Respirare da sola.
Devo prendere quel treno e andare lì e, se lo incontrerò, farò come avete detto. Ben venga: i vecchi amici son sempre tali, a patto che rimangano vecchi.
Quest'anno non ho fatto altro che vedere tutto grigio. Mi son sentita come sotto un soffitto in procinto di sprofondare, perché sormontato da tonnellate d'acqua e con solo due mani per tappare le falle, ma ora basta.
Nessun lamento, niente più. Non chiedetemi nulla. Nulla più, perché non dovrò avere pazienza.
Volevano crescessi, me lo son sentito dire tremila volte e ora, questo, adesso è il momento.
Basta, però. Basta col dolore e con tutto quello che di triste o lento o progressivo può esserci. Basta. Che l'estate abbia inizio e, se anche non sarà come me l'immaginavo, andrà bene lo stesso, perché spesso tutto quello che non ti aspetti in qualche modo l'hai fatto avvenire tu.

Indipendence

martedì 10 giugno 2014

Il vento dei ciclamini

Mi sono sempre piaciute le cose semplici. Le cose che fai subito, perché sai di poterle fare. Poi sono cambiata. Poi tutto è cambiato. E' cresciuto e allora hanno cominciato a prendermi quelle impossibili, le imprese masochiste, quelle che nessuno va a cercarsi. Nessuno a parte me.
Io prendo le relazioni a distanza, perché mi fanno venire in mente la forma d'amore che più può somigliarmi. L'amore che non si accorge di esser tale; l'amore che devi allontanare, perché non riesci ad accettarlo. L'amore che crede di essere sintomo di debolezza e che poi fa più male di un macigno.
Sai, ora, a distanza di tempo posso dirti che probabilmente non ci avrei sofferto così tanto per lui, se non avessi avuto i test da superare. Probabilmente mi sbaglio, chissà.
Di tanto in tanto, piuttosto spesso in realtà, mi capita di riguardare le sue foto e mi chiedo come possa essere passato così tanto tempo nella mia mente e così tanto nella vita reale dall'ultima volta in cui ci si chiamava "Amore".
L'altro giorno D. mi ha scritto: " Ti amo" e, scherzando, gli ho risposto: "Sì, ti amo anch'io". E' stata una sensazione assurda. Era la prima volta in cui mi ritrovavo a scriverlo dopo di lui. Bella prima volta, davvero!
Una brutta sensazione, in realtà: è tornato tutto indietro, come una pellicola che si riavvolge sul momento più bello del film.
Mi è son tornate alla mente tutte le volte in cui ho indugiato nello scrivere quelle due parole, tutte le volte in cui alla fine ce lo siamo detti, tutti i posti in cui era l'unica cosa da dire, tutte le volte- in ogni momento trascorso con lui,quindi- in cui avrei voluto parlargli solo così e tutte quelle in cui poi non l'ho fatto, per paura di sembrare stupida, anche se lui mi rispondeva che non era vero. E sono tornati indietro anche i giorni in cui, invece, il "Ti amo" sembrava essere diventata un'espressione fuori moda e in cui non me lo diceva più e in cui io non lo dicevo più a lui. Se ne stava lì, sotto sotto l'anima e dentro un dolore che ancora faceva fatica ad affermarsi.
Tutto in un attimo.
So che sono scemenze, la maggior parte delle cose che penso nell'ultimo periodo lo sono, ma a dir la verità, ha fatto proprio schifo guardare a cosa avevo ridotto quella frase.
Uno scherzo, una cosa detta così.
Ho ripensato a quando credevo di essere innamorata di D: che tempi..
Non sapevo neanche cosa potesse voler dire innamorarsi, ma credo sia stato meglio così, perché, aldilà di tutto, non cambierei quel momento per nulla al mondo.
Spesso ti sento parlare dei momenti più belli della tua vita e, amica mia, credimi, ne hai davvero tanti; è stato un piacere ascoltarli tutti fin ora.
Io non avevo mai trovato i miei.
Probabilmente l'attimo in cui gli risposi "Ti amo anch'io" è tra quelli.
Al pensiero mi sale ancora un sussulto.
Sembra ieri e sembra la storia di un'altra ragazza nel medesimo momento.
Ora lo guardo, nelle foto e poi dentro di me, e non faccio altro che cercare di ripulire quelle immagini e provare a capire come possa essere successo, cosa possa essere accaduto e come, dove io possa essere caduta. Eppure l'ho amato, mi rispondo. Così tutto ritorna ad avere un senso, anche se più mattine vedo sorgere tra me e l'altra C. ,più realizzo che l'amore non sarà mai d'accordo con la razionalità, perché due come noi non avrebbero avuto alcuna possibilità neppure di incontrarsi, figuriamoci d'amarsi.
Osservo il suo viso adesso e mi è sconosciuto; ripenso al ragazzo che ho amato e provo una fitta allo stomaco. Ogni volta. Come se qualcosa ti mancasse, come se qualcosa non potesse ancora andare via.
Io credo, credo di provare qualcosa di simile all'odio per lui adesso. Orribile da dire, da scrivere o da sentire, ma non posso fuggire anche questo. Lo provo e basta.
Non credo di aver mai perdonato la nostra storia, è questa la verità.
Per com'è andata, per quanto ci abbiamo creduto, per tutti quegli sguardi profondi, come una cavità che ti porta al centro della Terra; per ogni bacio perfetto e ogni bacio perduto; per tutto quell'amore, che era così tanto che ancora mi rimangono gli avanzi e che mi ha insegnato che, se ami, non conti un cazzo, perché il tuo mondo diventa il suo e non puoi farci niente.
Lo odio, odio me per ognuno di questi motivi e una miriade di altre ragioni che non starò qui a elencarti, perché ci vorrebbe una vita intera e poi che cosa te ne importa, a te?
Credo sia la prima volta in cui lo ammetto. La prima in cui realizzi di odiarti.
Sai, mio padre me lo disse tempo addietro ora che ci penso. "Tu sei arrabbiata con te stessa e te la stai prendendo con me adesso"- questo mi disse e questa è la verità.
Il fatto è che non me lo sono mai perdonata: prima di averlo amato, poi di averlo lasciato. Non ne conosco la ragione, so soltanto che non è stato mai facile così. Insicurezza, probabilmente è stato questo il motivo.
Quante realtà che un pomeriggio di temporali estivi, sottratto allo studio, è capace di far sgorgare dalle dita di una maturanda...
Paura di non essere all'altezza di un sentimento così, terrore che potesse demolirmi e poi tutti i sensi di colpa che sono seguiti.
Avrei voluto dirgli che è stato uno stupido a farmi sentire colpevole ogni volta, perché così facendo mi ha persa. Avrei voluto dirglielo, che io l'avevo capito, sì, che l'avevo capito che lui non volveva incolparmi per davvero, ma che aveva solo paura di perdermi, ma non me ne ha mai dato il tempo. Se me l'avesse dato, l'avrei preso tra le mie braccia più spesso, ma a lui non piacevano gli abbracci.  Avrei voluto dirgli tante cose, ma che senso ha dirle al vento adesso?
Magari anche lui avrà voluto dirmene altrettante, ma noi litigavamo soltanto. Non parlavamo mai di cose così e ora il tempo è passato.
Ecco perché non ci perdonerò mai; me, lui, noi. Nessuno. Non ci riesco proprio e il non riuscirci ha lo stesso sapore del non esser andati avanti.
Passano gli anni, perché sono passati, cavolo, ma nulla cambia, anche se ami. Che poi chi lo sa se questo è amore per davvero; magari tra vent'anni tutta questa storia farà solo ridere e, rileggendo di un noi così lontano, il cuore mi s'intenerirà pure.
Intanto è tornata la voglia di scrivere. Dopo di lui, e ora ti confesserò la realtà più seria appresa, tutto è stato da ricostruire. Ogni cosa, come le macerie provocate da un terremoto, anche se ho finto di non accorgermene. Dal più insignificante dei dettagli, quando è entrato a far parte della mia vita, tutto ha cambiato assetto e ha assunto la forma più congeniale alla nostra storia e, dopo che tutto è finito, non era rimasto più niente.
Io sono stata niente per un tempo infinito, nel senso che mi guardavo allo specchio ed era come osservare la vita fuori dal tuo corpo e decidere di non fare niente.
Credere di aver trovato la propria metà, dimezzarsi senza volerlo, fare spazio e poi scoprire di aver sbagliato per rimanere vuota, rientra tra i motivi per cui ho desiderato il peggio per me stessa diverse volte. La debolezza vien difficile da perdonarsi, solo che nel mio caso era amore.
Il realizzare di averlo amato davvero mi ha procurato un dolore fin troppo inaspettato e tutto è peggiorato, perché l'ho capito dopo, dopo di noi, e ogni cosa ha cessato di interessarmi. E tutto è peggiorato e la mia mente ora non smette di vomitarmi addosso quei giorni in cui silenziosamente mi son lasciata andare all'indifferenza verso me stessa, verso la vita in generale.
La storia peggiore e l'amore, il primo, vissuto nella maniera più vera e rancida allo stesso tempo mi hanno sfondato il cuore nell'unico anno in cui avrei fatto meglio a trascorrere l'estate in città.
Ad ogni modo ora basta. La prassi dice che dopo un po' si smette di soffrire e, quando il pensiero di quella relazione non fa capolino qui, la quotidianità sembra intenta a ricostruire una vita senza la persona che amo.
Ha i suoi alti e bassi, devo dirtelo, caro mio, ma forse io e te eravamo destinati a qualcosa di migliore. Parlerò di te, però. Se mai avrò delle figlie in futuro, dirò loro che sì, anch'io ho avuto un primo amore. E allora racconterò di te e della prima volta in cui ti ho chiamato "amore".


Indipendence

sabato 24 maggio 2014

six degrees of separation

la realtà dei sogni è che alcune volte possono essere infranti... 
si infrangono si rompo, si distruggono e con loro anche una parte di te stessa... fa male e so che anche tu lo sai ed è un dolore che non auguro a nessuno.
Fa male un male che viene da dentro. 
un male che non lascia tregua, non mi lascia un attimo e che non viene compreso. 
lui non capisce Cè.. oggi ha incominciato pure a dire "sto scocciato,mi annoi, lasciamo stare" e tremila dubbi su se ce l'avesse con me o meno e mi chiedevo il perchè... così mi sono sentita ancora peggio.... sono due giorni in cui io cerco di stare meglio e lui fa solo di peggio. mi fa stare peggio. dovrebbe aiutarmi e sostenermi e lo ha fatto per un po' poi boh.. non so che gli prende... mi sento peggio. Mi chiedo alcune volte che senso abbia stare assieme. spero che smetta perchè ora come ora massimo potrei durare una settimana dopo di che chiuderei sta relazione.. 
la realtà è che più giorni passano e più mi sento peggio e meno voglia ho di fare le cose. oggi pensavo di avercela fatta per la prima volta dopo tempo.. di essere abbastanza forte da non versare una lacrima per questi oggi.. poi lui mi ha detto questo e quello e ha incominciato a fare storie inutili e io sono stanca di sentire persone cosi.. non mi serve io devo stare meglio con lui non peggio. forse sono io il problema. non sopporto nnt e nessuno. non sopporto le persone. non sopporto me stessa più da tempo mi sento un piccolo fallimento. un piccolo vuoto sta diventando enorme, tu sai com'è purtroppo e mi dispiace.. vorrei essere sola in questo dolore eppure so che non è così .
 fa male spesso e poi sempre. 
fa male quando lui non capisce 
fa male quando mi parla di un ipotetico giorno a maggio in cui forse andrà da julia. 
fa male e basta
e non c'è soluzione ...
vabbèèè si va avanti. domani forse andrà meglio continuo a dirmelo e va sempre peggio e questo mi fa ridere ma credimi in realtà piango 
si supera... dicono
si va avanti... dicono 
io non lo voglio fare.. 



giovedì 10 aprile 2014

una casa con dentro la vita

Sembra davvero strano riprendere a scrivere qualcosa dopo mesi e mesi... eppure c'è poco da fare, finisco su questa bacheca sempre per lui... eppure questo non fa male .... eppure ho solo paura a volte... 

Ero diversa, ero una persona diversa, ero sicura di cose che ora vedo lontane dal mio mondo e non lo so perchè oggi non sono felice so solo che quella casa è piena di lui...

Sono andata a salutare zia... è appena tornata dal viaggio e ho rivisto tutto... e un sorriso mi è scappato... ero lì mentre lei mi raccontava tutto il viaggio nei minimi dettagli, entusiasta, eccitata mentre io annuivo .. pensando ad altro....
quella casa, mio dio, quanto mi ha dato...
 mi ha dato la vita, è la mia vita... 
lì ho imparato ad amare le piante e gli animali, tutti indistinatasmente, lì ho vissuto esperienze belle e brutte. Ricordo i bei natali, quando mio padre era ancora parte della mia famiglia, passati a ballare sui suoi piedi perchè ero troppo piccola e bassa, ricordo le cacce a tesoro che preparava a ketty, ricordo quell'ultimo natale passato con zio( che strano ancora ora piango solo a dire il suo nome), ricordo che è stato lì' il primo posto dove siamo andate quando zio è morto, tutte lì e credimi era l'unico posto dove io mi sentissi bene in quel giorno. Eravamo tutte lì sul divano con il piccolo matty che ci guardava incurante del perchè tutte avessimo una faccia distrutta e un'aria sofferente e segnata. Ero lì e poi sono incominciate le risate, è arrivato l'argomento Dario e abbiamo parlato a lungo di lui e poi la tristezza è tornata e allora noi abbiamo riso ancora... quel giorno sembrava non finire mai, la mattina dopo i giorni dopo io sapevo solo che lui se n'era andato e ora mi manca sapere che non c'è più nemmeno lui....
In quella casa ci sono i natali passati anche con zio, in quella casa ci sta zio che dorme sul letto di zia noemi con zio maurizio dopo il pranzo di natale, ci sta la sua bava sul cuscino ( ahhahah), ci siamo tutti... 
in quella casa ci sono io che di cuore ne sapevo poco e che ora ne so qualcosa in più...
ci sono i pomeriggi passati a inciuciare con zi, ci sono i dolci e le pastiere fatte con lei, si sono io in quella casa ovunque.
poi ora c'è anche lui... è entrato quel giorno da quella porrta...
stava con kekko, con una busta con dentro birre, stavo con i rayban e il suo sorriso ceh già allora mi faceva impazzire.. 
è entrato e ha nominato minù fatcat... è entrato e da quella casa e da quel momento nn è più uscito...
 quel giorno lui è entrato e quel giorno io mi sono seduta sulle sue gambe e quel giorno mi ha fatto il disegno di minù e quel giorno è iniziato un noi...
 dopo è tornato a capodanno e le sue braccia mi hanno ffatto dormire tranquilla, è stato il più bel sonno condiviso di sempre, non ero abituata a ciò...
poi il 28 marzo lui è entrato in quella casa e ci è restato tutta la notte... e nn me ne pentirò mai.. 
è stato bellissimo.... in quella casa ci siamo io e lui che ci rotoliamo ridendo sul tappeto e il suo primo ti amo... e ci sta il mio bacio, ci stanno tutti i nostri sguardi catturati dalle mura... ci stanno i nostri ti amo, le nostre risate ....


oggi rientrata in quella casa non facevo altro che pensare quanto io mi senta più lì a casa che a casa mia... quanto la adori e quanto sia piena di pezzi belli e brutti della mia vita... 
in quella casa ci sono io... 
tutto di me è intrappolato dentro a quelle mura 
tutto è lì 
e io adoro quella casa...

lunedì 24 febbraio 2014

La verità

Le storie finiscono, non è che ci sia molto da fare riguardo a questo. Solo finiscono e quando lo fanno, arrivano le parole. Parole su parole e tutte sensate, tutte quelle che avresti voluto dirgli, quelle che avresti dovuto dirgli e se l'avessi fatto, magari ora le cose sarebbero diverse. Però è finita. E' finita anche la mia di storia. Finita davvero e io non immaginavo che si sentisse così. Scusami se oggi scrivo così, ma non riesco a farlo in altro modo. E' finita e le parole sono venute dopo, forse perché non dovevano essere dette, perché forse ci sono storie che non devono andare. La cosa incredibile è che la mia era una di queste.
Non è che abbia molte cose da dirti. Mi sento esattamente come la prassi vuole che mi senta, solo che non me ne accorgo. E' un po' come quando nonna se n'è andata, un problema che metto da parte, una rivista che ha come copertina un bacio perfetto dato nel giorno in cui iniziano a chiamarti "adulta", un armadio pieno di vestiti che sta per scoppiare, ma che non posso aprire. Come camminare su una lastra di ghiaccio che custodisce una voragine sotto di sé, così sta passando.
Ci sono giorni in cui vorrei davvero parlartene, ma tu sei così felice e non mi sembra mai il caso. Ti ho vista piangere per altri, piangere per lui e ora che sei a testa alta mentre sfoggi un sorriso radioso, perché l'amore ti ha conquistata non mi sembra giusto venire ad intristirti. La scrittura però non riesco a lasciarla da parte, mi dispiace.
E' così difficile cacciare tutto fuori, ormai si è incrostato così spessamente che fa quasi male.
Da quando ci siamo lasciati, da quando io l'ho lasciato lentamente tutto ha smesso di avere importanza. Ogni cosa. Da quando è finita non mi sono più sentita bella, mi guardo allo specchio ed è come se non mi vedessi, come se fossi diventata trasparente per me stessa. Non importa più se bella o brutta, non riesco più a guardarmi davvero, perché è come se non avessi uno scopo reale.
Con lui avevo energia; lui me ne dava più di quanto pensavo e meno di quanta me ne ha lasciata. E io vado avanti, perché c'era qualcosa in cui credevo davvero.
Anestetizzata. Non c'è vocabolo più adatto di questo, per spiegare come mi sento ora, nell'ultimo periodo.
E non ci penso mai a noi, o meglio, ci penso sempre, ma il pensiero mi scotta. E' l'unica sensazione che riesco ancora a sentire, credimi.
Quando butti fuori quello che hai intrappolato dentro per lungo tempo, ti rendi conto di quanto tutto possa essere grave.
Ma le storie finiscono e la mia è finita. Sono passati due mesi e sembra ieri, come quando eravamo insieme; neanche me ne accorgevo dei mesiversari. Domani sarebbero sei.
Ogni volta che mi parli di quello che hai da fare, delle sorprese, dei giorni belli, ritorna tutto a galla, Rì, e mi fa un male cane, ma tu non smettere, perché la scelta è stata mia e bisogna andare avanti.
Il punto è che non è normale che io stia così. Il punto è che non è normale che io non smetta di chiedermi dove sia, cosa faccia, perché non siamo assieme. Il punto è che non è normale che mi svegli quasi tutte le notti e inizi a smontare ogni discussione fatta per capire dove ho sbagliato. Il punto è che non è normale che mi manchi la sua pelle e il suo profumo e che la sua voce mi faccia venire i brividi. Il punto è che non è normale nulla di tutto questo, ma è giusto così.
La verità è che io l'ho lasciato, gli ho detto "non ti amo più" con la sicurezza più rude che avevo in corpo, mi ha chiesto "vediamoci" e io gliel'ho negato, l'ho messo da parte e lui è arrivato con questa lettera, non è stato possibile mettere da parte più nulla e mi sono resa conto che quella che provavo per lui non era indifferenza, ma solo rabbia per tutte le volte in cui mi ha fatta sentire in colpa, in cui mi ha fatto sentire meno di abbastanza continuando a sorridermi, per tutte le volte in cui andava dritto alla meta senza neppure considerarmi. Credimi, Rì, era orribile, ma ogni volta pensavo di meritarmelo, perché non ero abbastanza. Così un giorno mi sono alzata e ho dovuto fare i conti con tutte questi suoi atteggiamenti che iniziavano ad essere l'unica cosa che rimaneva e ho iniziato a pensare che una persona che ti tratta così non ti ama e allora mi è venuta una paura lancinante, nel senso che mi sono sentita male, e ho tramutato tutto questo in ansia. Ansia di lasciarlo prima che lui lasciasse me o che mi cambiasse, perché in realtà quella che vedeva non gli piaceva più. Perché io non lo amavo più.
Ecco perché non poteva essere solo un momento, perché io non dovevo amare una persona così, capisci adesso? Ecco perché ero così sicura. L'unico problema è che imporsi di non amare più non vuol dire smettere di farlo davvero.
E io non ho smesso. Mai. E lui mi manca, ogni giorno, sotto ogni libro e sopra ogni vestito. Sabato, quando mi sono specchiata, avevo indosso il vestito comprato assieme e c'era la musica che rimbombava a tutto volume ed era allegra e in quelle circostanze una ragazza deve solo pensare a quanto si divertirà dopo, ma l'unico pensiero che mi è passato per la testa è stata la possibile reazione che lui avrebbe potuto avere vedendomi vestita così e nulla ha più importanza. Il resto poco conta se so che alla fine della settimana lui non c'è più e che, comunque vada, non potrà mai esserci.
E' andato avanti, come va avanti qualsiasi individuo ferito dopo esser stato lasciato dalla persona che amava. Che diceva di amare. L'ha fatto meglio di me, perché io sono sempre così: parto in quarta, combino pasticci e poi non so come uscirne e mi ci ritrovo impantanata.
Lui ha ricominciato e io sono ancora ferma davanti ad uno specchio sperando di potermi catapultare in un suo abbraccio.
Nel frattempo i giorni sono passati, io ho messo da parte tutte le sue cose con le lacrime più furiose che avevo, convincendomi che soltanto in questo modo avrei chiuso la storia. Mi sbagliavo, come era ovvio che fosse, perché l'amore non si chiude in una busta.
So che è sbagliato adesso e che non ne ho il diritto, ma perché non è tornato a cercarmi?
Non dico venire qui, ma un semplice "come stai?". Io non l'ho fatto, ecco perché. Eppure nelle storie degli altri, lui torna sempre. Mi son seduta milioni di volte pazientemente in silenzio ad ascoltare ragazze annoiate da un lui che non la smetteva di tornare, anche se loro gli avevano urlato contro che era l'ultimo uomo sulla terra ormai. Perché lui ha provato solo una volta? Perché ha accettato il mio silenzio? Perché non ha mai rischiato? Mi ha sempre recriminato di essere una che di sorprese non se ne intende, ma alla fine neanche lui si è messo in gioco.
Era questo tutto l'amore di cui parlava?
So che sono domande sbagliate e che potrei rivolgerle a me stessa, ma non smettono di inondarmi il cervello.
Come è possibile che non valga la pena di rischiare? Di tornare?
Forse la nostra era davvero una di quelle storie che non devono andare avanti.
La sofferenza però sembra quella di una storia che doveva finire per forza.
Così oggi ho sbrigato l'ultima pratica. Ci pensavo da un po' e alla fine l'ho fatto davvero.
"Questi oggetti appartengono a te ed è giusto che te li restituisca"- così ho iniziato a scrivere qualche giorno fa su un foglio poi diventato lettera. Poi l'ho messo da parte per un po'; dovevo ricopiarlo, ma non so perché i giorni sono passati. Era un pensiero durante una di quelle notti passate a pensare come cambiare le cose, nel bene o nel male e oggi ha avuto la sua realtà.
Ho ripreso il libro che mi aveva prestato, perché lo leggessi; la mia lettera per lui, il suo braccialetto, il suo diario e sono uscita.
Senza trucco, vestita di nero, come se dovessi andare ad un funerale gli ho spedito le ultime cose che con me avevano poco a che fare ormai, perché se non era tornato voleva dire che aveva deciso che la situazione gli andava bene così e allora che senso aveva tenere oggetti che non mi appartenevano?
Raccomandata semplice e mi separo da lui per sempre, da un lui che ho amato per sbaglio, da una storia che oggi dentro di me sta finendo davvero e credimi se ti dico che fa un male come pochi ne ho sentiti prima d'ora. Perché ogni situazione ha un dolore sempre diverso e sempre più grande?
Perché le storie finiscono, ecco perché e finiscono anche se ami ancora, perché l'amore alle volte non è abbastanza.
Rispediti al mittente. "Avrei voluto darteli di persona...tremila piani, solo che poi ho capito che erano solo scuse per rivedersi...quando me ne sono resa conto ho pensato fosse troppo tardi e tu eri andato avanti e poi era quello che avevo voluto evitare dall'inizio...perché su una cosa devo darti ragione: il motivo per cui è finita non aveva nulla a che fare con il fatto che non ti amassi più...ma la vita è andata avanti e io non ti ho spedito queste cose per farti del male o per tirare di nuovo tutto fuori...sono felice che adesso tu sia felice...ti auguro il meglio...sei l'unica persona a cui l'abbia mai augurato per davvero, perché sei l'unica di cui mi sia mai fidata per davvero...Buona vita, C."
Le parole da fuori sembrano sempre parole, mentre dentro sono pezzi di organi, muscoli, ossa che dai via. Queste gli sembreranno false, di circostanza. Vorrei potesse vedere quanto male mi ha fatto lasciare tutto così, ma ormai è inutile. Le storie finiscono e poi arrivano le parole.
Sono uscita dall'ufficio postale e senza neppure accorgermene il sole mi batteva sulla testa mentre guardavo il mare da quelle scalinate su cui si è sentito un Ti amo mai detto. Mi sono ritrovata a guardare quel posto con la stessa sensazione di quando entrai a casa di nonna dopo la sua morte e questo è assurdo, perché l'ho scelto io. Gli occhi scorrevano su ogni punto e ogni punto si è premurato di farmi notare che ora ero sola e che lì non avevo più un posto se non c'era lui con me. Sono passati dei signori, i loro sguardi straniti e le mie orecchie dentro le nostre voci, le nostre risate. Due mondi, uno in cui non voglio vivere e un altro in cui non posso.
Poi non aveva più senso stare lì senza di lui. Mi sono sentita un'intrusa e sono andata via, voltandomi più e più volte. Sono arrivate le lacrime, le ho frenate, mi son girata un'ultima volta e gli ho detto addio. Ecco come sono arrivata qui.
Tre giorni e avrà quello che gli spetta. Tre giorni dopo la prima volta in cui gli ho detto addio.
 
 
 Indipendence

venerdì 7 febbraio 2014

un punto che si muove di moto rettilineo uniforme

Questo post è per te. 
Per te che mi hai tolto più di quello che mi hai dato. Per te che nell'amore poetico ci credevi. Questo post è per te A, per ringraziarti....
Oggi D. mi ha pensato ben poco, sta studiando per l'esame; oggi non ci sono rimasta male, per questo ti ringrazio A., esattamente per questo.
Mi hai reso ciò che sono, mi hai reso migliore, mi hai reso più forte, mi hai reso più stronza, mi hai reso quella che lui credo o almeno spero che ami. 
Ti ringrazio perchè se guardo lui e poi con la mente torno indietro a te, non posso far altro che notare quanto lui ci tenga a me rispetto a te, non posso far altro che notare quanto io tenga a lui, amore o no, io ci tengo. 
Ho vissuto nella tua assenza per anni, ho pianto per la tua assenza, ho supplicato e pregato ogni giorno che tu tornassi, ma tu non c'eri, non tornavi. 
Così era tipo gennaio quando qualcosa non so dirti cosa dentro di me si è spezzato. Improvvisamente ho incominciato a guardare altri ragazzi, a notarli e poi ho cercato, ho cercato qualcuno a cui andassi bene, senza capire che erano loro a dover andare bene a me.
Dopo poco capii anche questo: dovevo essere io quella che doveva scegliere. Smisi di cercare. 
Incominciai a vivere. 
A giugno mi ripromisi che mi sarei goduta quest'estate, che non ci sarei stata per nessuno a lungo come  feci per te. 
Così non mi fossilizzavo su nessuno, vedevo e conoscevo persone ma non mi legavo mai. 
Dovevo essere io la stronza per una volta, questo divenni. Ti dico grazie anche per questo.
Poi arrivò lui, non so dirti cosa mi abbia colpito all'inizio, non ne ho idea. Inizialmente era solo un passatempo, uno dei tanti.
Poi incominciai a ridere per lui, incominciai ad allontanare te quasi a cancellarti, oserei dire. 
Lui era così, mi prendeva ma non sapevo il perchè. 
Ho giocato. Mi sono divertita. Ho vissuto la mia estate nonostante D. ad un certo punto fosse diventato importante. Non avrei aspettato più nessuno. Me lo ero ripromessa. Quindi sono uscita con altri pensando a lui, desiderando solo lui, volendo solo lui.
Ti ringrazio perchè anche se lui non c'era, il passato con te mi ha dato la forza di non fermarmi. 
Andai avanti, ne baciai tanti, agli occhi di tutti ero una un po' facilotta, ma io sapevo cosa mi aveva portato a quello: TU.
Così giustificavo il mio agire, così baciavo altri di cui non me ne importava veramente nulla e pensavo a lui. Vivevo anche senza di lui. 
Quando tornai a napoli le cose cambiarono. 
Ci fu il suo "rimaniamo amici". Mi spezzai. Mi sgretolai lentamente. Mi contorsi da dolore. Piansi lo ammetto, ma poi ebbi la forza di andare avanti. Dovevo fargli in tutti i modi capire che io ero  adatta per lui, io lo volevo, lo dovevo avere, non c'era nulla che mi potesse fermare. 
 Ti ringrazio per avermi dato la forza di fare quello che sto per dirti. 
Ho baciato un altro ad un centimetro di distanza da lui. C'è chi ha visto vendetta in questo gesto, c'è chi mi ha accusato, c'è chi mi ha colpevolizzato, ma sai cosa ci ho visto io?
Una ragazza che lottava per averlo. Ho lottato per lui e anche per me, per dimostrami che non sarei mai più stat ferma ad aspettare qualcuno per sempre. Ho visto una persona che non si ferma e che lotta. 
E' per questo che oggi ti dico grazie. 
Mi hai fatto avere lui, perchè mi hai reso ciò che c'era di più adatto per lui. Dopo di te, sono cambiata. 
Vedila così. Ti volevo bene, credimi, tanto e ora che non c'è rabbia, non c'è rancore, io ti posso ringraziare per quello che hai fatto. 
Involontariamente mi hai reso decisa. 
A. non riesco ad odiarti, ancora oggi se ricordo i bei momenti passati assieme un po' rido, un po' mi viene nostalgia; ma voglio lasciare intatti questi ricordi, quelli belli almeno... quelli brutti sembrano lontani ed offuscati dal tempo. 
In sostanza ho imparato molto grazie a te soprattutto come diventare qualcuno di forte.
Grazie D., grazie di cuore per avermi donato l'anno migliore della mia vita, grazie per avermi regalato l'estate più bella di cui abbia ricordo, semplicemente grazie. 
Così sono diventata la stronza che non mi aspettavo essere, guardandomi indietro mi stupisco di me stessa, so essere stronza quando prima l'esserlo non era contemplato nella mia persona, ora ti guardo con occhi diversi da prima. ogni tanto, però, nel mio cuore vi è una sorta di felicità per te. vedo quel giornalino che hai fatto e nonostante tutto penso" bravo hai lottato per i tuoi sogni, sono contenta per te". 
ogni giorno quando fb mi fa vedere sulla bacheca quello che di buono hai fatto, penso che sono realmente felice per te dal profondo del cuore, che non provo odio, sono felice e basta. 
forse sono io che ti do ancora troppa importanza ma vedi noi siamo ciò che abbiamo vissuto e tu mi hai reso tale, mi hai fatto capire che sono veramente una persona che gli altri guardano con invidia, tu mi hai reso così superiore da non avere difetti. 
quindi divertiti, viviti la vita, io lo sto facendo e giuro che non fa schifo. 
 E' stato un anno strano per me... questo 2013 finito con una persona che cazzo non credevo che avrei mai conosciuto o voluto. 
lui era tutto ciò che non volevo e ora è tutto ciò che voglio.
 si cresce a volte... si va avanti... 
non ho nulla da dirti, rivivrei tutto, o forse qualche cazzata la leverei dai... ma siamo così liberi... 
lo senti? guarda ciò che siamo, io sono contenta e tu?
ora non è più affar mio.
ti voglio bene e te ne vorrò sempre. 
un bacione 


lunedì 13 gennaio 2014

Arresto di una tachicardia

Ci avrò pensato un milione di volte prima di arrivare a questo. Ho cercato di evitare questo momento con altrettanto sforzo, ma non c'è soluzione. Non c'è altro modo, credimi.
E' vero, ti avevo detto che ne avremo parlato da vicino, durante uno dei nostri pomeriggi, solo che io e te non abbiamo più tempo per giorni così.
Siamo troppo grandi per un divano e due tazze di cioccolata calda e latte e miele ormai.
 Mi rimane solo questo: almeno una delle due sfrutterà questo tempo in maniera proficua. Avrei voluto farlo anch'io, ma non ce la faccio più.
E' un peso enorme e non riesco più a portarmelo dentro. Mi sento orribile, un mostro, ma non posso farci nulla. Non c'è pozione che possa bere per cambiare quello che ho dentro ora. Non c'è.
All'inizio.
Com'era bello all'inizio. Tutto aveva un senso, tutto ruotava in maniera così dolcemente frenetica. C'era lui, con i suoi occhi azzurri e il sole e poi quel giorno al Policlinico e poi Settembre e quella spiaggia deserta e il tramonto e i suoi scherzi e il momento esatto in cui guardi una persona e senti che dentro di te l'amore può crescere e non avere un vero e proprio limite e le passeggiate e poi Ottobre e il ristorante cinese e il nostro braccialetto e le infinite volte in cui quelle cinque lettere sono affiorate sulle labbra prima del previsto e i nostri piedi scalzi sull'asfalto e la sua auto e tutti i posti che ho visto con lui e il suo sguardo perso inspiegabilmente nel mio e il suo modo di dirmi che ero bellissima e il suo profumo e il suo correre qui anche solo per un'ora, come un supereroe, come il mio supereroe e le sue rose, le uniche che abbia mai avuto la gioia di ricevere e le uniche che mi siano apparse vere e tutto il resto. Tutto il resto.
All'inizio quando lo accarezzavo, gli prendevo la mano e gli sfregavo il dorso con il pollice,lo riempivo di baci sembrava di stare riservando quelle cure a me stessa; guardavo il limite della sua pelle e non riuscivo a capire dove finisse la sua e iniziasse la mia. Eravamo una cosa sola io e lui. Abbracciavo lui e contemporaneamente sembrava di abbracciare me. Come se fossi nella sua carne. Camminavo per le strade osservando gli altri e chiedendomi come potessero avere la capacità di condurre una vita civile in questo mondo e amare come ci amavamo io e lui allo stesso tempo.
All'inizio.
I presupposti per uno di quei film perfetti per cui nessuno desidera mai una fine.
Finisce Novembre. Soltanto questo. Finisce Novembre.
E' una specie di maledizione la fine di Novembre: devo sempre aspettarmi qualcosa di orribile durante gli avanzi che questo mese riserva.
Arriva lui dopo nove giorni d'assenza e qualcosa era cambiato. Il suo sguardo era duro. Credimi, era duro e io non l'avevo mai vista la durezza, prerogativa della materia, in un paio d'occhi, prerogativa del mio amore. Eppure erano freddi e cinici. Lui non c'era più.
"Un regalino"- questa era la parola; la frase e il contesto in cui è stata pronunciata non ho la forza di confidarteli.
Una frase, una stupida, orribile, enormemente seria, vomitevole frase e lui non c'era più.

Noi non c'eravamo più.
Solo io, su quel letto buio a chiedermi chi avessi di fianco. Io senza il coraggio di voltarmi e guardarlo negli occhi. Occhi che non erano più gli stessi, che non erano più miei. Senza riguardo per quell'amore, per quanto potesse essere fragile, per quanto io potessi esserlo.
Molto spesso, però, le persone si credono più forti di quanto la loro costituzione non li porti ad esserlo realmente, così serrai le palpebre e ignorai quel giorno convincendo me stessa che l'avrei superato, che sarei stata abbastanza brava da scavalcarlo. Mi sbagliavo e questo lo hai visto anche tu.
Solo che poi è arrivato Dicembre e con lui anche le seconde possibilità. Si danno a tutti e io ero troppo debole e dipendente da quell'amore per pensare di lasciarlo andare davvero.
Di nuovo le sue labbra, le sue mani, il suo sorriso. Come un vaso rimesso in sesto dopo una rottura, come mille cocci tenuti insieme dallo scotch, così ricominciavamo noi. Così credevo.
La realtà è un'altra. E' un'altra e io non ho il coraggio di pronunciarla, ma ora è Gennaio ed è quasi un mese che ci combatto.
Ho cercato di soffocarla con tutti i cuscini possibili. Le cose sono cambiate. Lui è cambiato. Noi siamo diversi. IO, sono cambiata io.
Discutiamo per ogni cosa, critica il mio aspetto e senza ironia; ha avuto da ridire sul modo in cui scrivo, in cui mi vesto e me ne rendo conto solo ora. L'osservo e tutti i suoi difetti che prima erano una delle mie gioie più tenere, adesso mi sbattono contro le pupille come ali di farfalle graffianti.
Di ritorno da Praga, quella mattina eravamo via, via dalla città. Abbiamo passato la giornata insieme e io ho cercato in tutti i modi di strozzare quella voce che mi martellava le pareti dello stomaco. Poi c'è stato un momento in cui mi son ritrovata da sola e allora si è presa la sua rivincita e non ho potuto fermarla. Mi son guardata allo specchio e mi son chiesta che cosa ci facessi lì. Quel pomeriggio senza pensarci gli ho detto: "Ti voglio bene" e lui sì, che ci ha pensato.  Ti voglio bene.
Non lo amo più. Io non lo amo, Rì.
Non sono più felice con lui e non mi sento amata in un modo che può rendermi felice. Non più.
Ho provato in tutti i modi, durante tutti i giorni che si sono susseguiti dalla nostra riappacificazione ad ingoiare quella consapevolezza, ma non si può sfuggire alla realtà per sempre.
Io ci tengo a lui, da morire, ma non lo amo. Non lo amo più. Mi sento uno straccio consumato e inzuppato nell'acqua sporca di un secchio usato per pulire pavimenti.
Tutto quello che siamo stati mi manca così tanto. Lui, quello che mi ha colpito il cuore, mi manca così tanto. L'ho cercato tutti i giorni, dietro tutti quegli sguardi strani, distaccati, sotto e sopra ogni giorno passato insieme nell'ultimo periodo, aldilà di tutte le litigate avute. L'ho assecondato in tutte le discussioni, ho perso me stessa e le mie opinioni per lui, per noi, pensando di essere io il problema, credendo di poterci recupere, di aver esagerato, di poter annullare quella voce, ma non ha funzionato, perché sono riuscita ad annullare solo me stessa.  E ora mi sento sottile come un foglio di carta buttato sul pavimento. Raso terra, ecco come.
Non posso più stare con una persona che mi perde, mi tratta con noncuranza se le cose non vanno come vuole. Non posso stare con una persona che non è più il mio primo amore e questo fa male. Quanto fa male, quanto.
-"Perché piangi?"
-"Perché sono innamorata di un lui che non c'è più e di un noi che non potrò mai più avere."- Era questo che avrei voluto risponderti oggi a scuola, ma come si fa a dire una cosa così alla tua migliore amica a scuola e chiuderla lì?
Il 20 ha un esame importante. Devo aspettare quel giorno, non posso fargli questo.
Farà male, fa già un male assurdo.
Ti vorrei qui, amica mia.
Per la prima volta dopo anni, questa è la prima in cui ti vorrei affianco in un momento così, in cui vorrei un abbraccio, perché non so come si fa a fermare queste lacrime da sola, perché ora sto scrivendo senza mai fermarmi, perché tutto quello che c'è stato prima mi manca così tanto, così infinitamente tanto,perché lui non doveva cambiare così tanto, perché è orribile rendersi conto di non amare più una persona, ma volersi illudere ad ogni costo di poter salvare tutto, per lui, per non fargli questo, per quel noi che credevo sarebbe rimasto la cosa per me più importante per sempre. Per sempre.
Ma le cose cambiano. Cambiano e lui, che mi ha salvato tante volte da un mondo che non mi piaceva, non è più per me. Io non sono più per lui e mi sento così male.
E' stato il primo a farmi mettere in moto un auto, la sua, rischiando tutto. Il primo che abbia mai amato e che sia stato capace di farmi guardare allo specchio e farmi sentire brutta. Bruttissima.
Non sarà facile, lo sto preparando e, in un certo senso, lo sto facendo anche con me stessa. Dovrò ridargli tutte le sue cose, tutte le cose che lui aveva dato a me, che erano diventate nostre? Così dovrò fare? Io non lo so. Mi sento come una bambina a cui hanno dato una bomba che non sa disinnescare.
Sembra un sogno, un incubo terribilmente chiaro.
E' così che le storie finiscono, anche quelle grandi e meravigliose? La nostra mi sembrava una di queste.
Scusami, scusami mille e mille volte se non ce l'ho fatta. Scusami, ma per me era troppo.
Dopo l'esame metterò fine a tutto questo. Il 20. Vorrei fosse più lontano di così, probabilmente per lui e più vicino di quanto invece non è, probabilmente per me. Cinque giorni dopo avremmo fatto cinque mesi. Poi sei.
Quanto avrei voluto che le cose fossero andate diversamente, ma il condizionale in amore non funziona. Neppure il passato.
Ci avrò pensato un milione di volte prima di arrivare a questo. Ho cercato di evitare questo momento con altrettanto sforzo, ma non c'è soluzione. Non c'è altro modo, credimi.


"Cercherò di renderlo il più indolore possibile, te lo prometto, ma tu non rendermi le cose impossibili. Ti prego."

Indipendence