giovedì 28 giugno 2012

V di vita e D di destino

Sembra passato così poco, credimi. Se premi il tasto REWIND, i post sono così pochi prima di quel giorno.
Perché dalle menti delle persone devono scaturire pensieri così diversi? Perché le strade di quelle persone devono- in alcuni casi sembra NECESSARIAMENTE- incontrarsi?!
Questa placida ed afosa sera d'inizio estate avrebbe soggiornato nell'area relax se quel 15 marzo avesse deciso di rendermi le cose più facili e meno perfette.
Quando quella sera se n'è andato, e non parlo di quella figura con il borsone in spalle che ho visto allontanarsi durante un tardo pomeriggio con l'aria di un cane bastonato; quando quella sera in cui, da brava esploratrice, ho scovato il tesoro della verità, quando gli ho strappato la maschera senza che lui se ne accorgesse in tempo...quella sera dentro di me qualcosa si è rotto. So che nessuno all'inizio credeva potessi chiudere così, su due piedi, ma è semplicemente successo. Io non so dirmi perché.
Un moto furioso quella sera mi ha inondato e io non ho saputo fermarlo, non ho voluto. 
Così il mio cuore (semmai fosse stato quello l'organo interessato), stremato, ha detto basta. Aveva portato avanti quella battaglia, trascinato quel carro per un viaggio sin troppo lungo, tortuoso e zeppo di trappole poste dal cervello e, ciononostante, aveva stretto ancor di più le cinghie, digrignato i denti e conficcato i piedi nel terreno per andare avanti. Quella era la sua battaglia e l'avrebbe portata a termine, non importava cosa ci fosse alla fine, quanto nutriente il pasto o duratura la pace: ora o mai più.
Ho preso il cellulare e, mentre dentro qualcuno gridava di fermarmi, ho cancellato tutto. Tutto quello che in un giorno come questo avrei riguardato con un'ombra nostalgica in volto, poi mi sono guardata attorno e mi sono accorta che tutto urlava il suo nome.
 Giusto ciò che desideravo in quel momento: tante parti di lui da ridurre in brandelli. 
Sono andata in cucina, ho afferrato le forbici (questo gesto rimanda vagamente ad eventi della vita precedente, non è vero?), sono tornata in camera, ho alzato la testa e rivolto un'occhiata iniettata d'ira verso quella sfera rosa con le orecchie che fluttuava silenziosa ai piedi del mio letto, ne ho artigliato il filo che la teneva legata alla balaustra in ferro battuto, l'ho tirata giù e dritto nella pancia ho conficcato le lamine grige e ancora e ancora e ancora. Poi, discretamente, come un killer professionista fa con una delle sue solite vittime, ho piegato il palloncino.
Ma quel luogo odorava ancora troppo di lui. Non sarebbe durato a lungo però, perché ora una figura nera schizzava veloce tra quelle quattro pareti: prima per catturare quella stupida marionetta con le sembianze di un leone, poi per quel piccolo insignificante pulcino. Tutte cose futili e tanto materiali quanto vuote in significato.
 "Tutta una recita,Cecilia!"-quella me,quella che decide di farsi spazio sul palco solo quando lo spettacolo è sul punto di rivelarsi un flop, ora stava squarciando il silenzio e punendo le lacrime che, indisciplinate, avevano programmato di sgorgare come da copione- "Tutto come avevi immaginato! Guardati, sei stata solo una stupida. Come hai solo potuto pensare che fossi una di quelle persone?! Una di quelle che si meritano tutto ciò che hai avuto tu con, in aggiunta, anche un cuore sincero?! Sei stata davvero ingenua, come sempre del resto...". Come una tempesta mi districavo nella stanza producendo solo un riso nervoso e, nel frattempo, le mie mani afferravano e riponevano oggetti, prendevano pennarelli ed aprivano buste, scartavano pensieri e gettavano ricordi, estirpavano rose rosse dalla scrivania per nasconderle in un salone fin troppo visitato, essiccavano canali lacrimali e li sostituivano con sorrisi concitati, per poi ritrovarmi con un'anonima busta di cartone con su scritto "Fac- simile n°2", subito riposta in fondo, in fondo, dietro la caterva di borse insieme a quel tristissimo girasole finto. Lì, dove i miei pensieri non riescono ad arrivare tanto spesso e dove spero che quei ricordi vengano seppelliti, soffocati dalla polvere per poi dissolversi definitivamente dietro quelle spesse lastre di legno e all'interno delle mie pareti celebrali. 
A volte la vita è strana, sai. 
Ci poniamo inconsapevolmente delle condizioni da rispettare senza neppure considerare la cosiddetta "vita facile". 
Le persone spesso decidono quali sono le strade percorribili e quali le sterrate senza neppure avanzare o, perlomeno, allungare lo sguardo. Perché? Perché così è più facile, perché così è giusto, perché se non fosse stato così, perché se avessi, per una sola stupida volta, ascoltato la ragione non avrei, no, non avrei perso ore ed ore, notti su notti dinanzi a questo schermo a guardare un paio d'occhi reali, ma a sognare una persona totalmente finta tutt'attorno.
Ma è andata così e mi son rassegnata e quando il corso dei pensieri inizia a salire la scala col suo nome e mi volto per osservarne le fotografie che ritraggono sorrisi, abbracci e balli appese alle pareti sento come un formicolio all'altezza della gola, che poi sfocia in un sinistro, ma reale riso.
E' strano, sai? 
Credo di aver chiuso con lui, ma c'è una cosa che ancora non mi spiego...forse più d'una.
Te ne esporrò solo una, però, pronta?




Se la pelle non si raggrinzisce più tanto, se il sorriso non scompare più del tutto, allora perché ora l'unica domanda a cui saprei rispondere prontamente e con un sorriso smagliante è:






















"Dove vuoi andare quest'estate?"


indipendence

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