Adesso, oggi è diverso.... è questo quello che continuo a ripetermi, ma è davvero questa la verità?
La realtà è un caleidoscopio così fitto di colori e sfaccettature, che alle volte mi sembra di esser divenuta daltonica.
Il rosso. Il rosso io non lo vedo. Il rosso della passione, della felicità piena di urla, infestata da salti e cuori leggeri come le nuvole dopo un temporale. Non c'è rosso nella mia vita ora..non più.
Quando quell'aereo si è posato su suolo inglese tutto è cominciato, tutto è iniziato di nuovo. Non c'era nulla da spiegare, nulla di cui scusarsi, nulla di cui giustificarsi, nulla in cui migliorare, nulla da rimpiangere. Tutto da rifare: io e basta. Io nello stomaco di un minuscolo pesce, che come bocca aveva solo una finestra con il freno di sicurezza per suicidi. Io che non ero più io, io che mi sono ritrovata a combattere la battaglia più ardua: quella contro me stessa. Io che ho dovuto dire alla mia avversaria di abbassare la guardia e gettare in valigia le vecchie abitudini, che le avremmo riprese una volta tornate o, magari, buttate via durante il tragitto. Lì, dove mi son guardata allo specchio e ho visto un'altra ragazza, una che si doveva piacere per forza, perché non ci sarebbe stato nessun altro a dirle che se non lo avesse fatto avrebbe sbagliato. Lì, dove era tutto mio, tutto da gestire, tutto nelle mie mani: tutto quello che mi riguardava partiva da me e da nessun altro.
Lì, dove ho rinunciato ad esprimere desideri, perché non c'era niente di cui avessi bisogno e, credimi se ti dico che ciò che avevo era materialmente molto scadente rispetto a quello che possiedo qui. Lì, dove ho imparato. Imparato e basta;imparato tutto; imparato a conoscermi un po' di più; imparato che, se voglio, posso fare tutto; imparato che se gli altri possono, perché non posso anch'io? Imparato che è bello costruirsi da soli: dopo puoi voltarti indietro e ammirare la perfezione con cui hai assemblato i minuscoli mattoncini tra di loro e, semmai ci fosse errore non c'è, no, non c'è da arrabbiarsi, ma solo da sorridere, perché stai crescendo; stai crescendo e per crescere bisogna sbagliare, quindi torna indietro, osserva bene il tuo errore e corri avanti per non RIFARLO PIU'.
E' stata quella la mia estate, è stato questo il mio viaggio e sono cambiata.
Te lo avevo detto, mia cara collina: sarei cambiata ed è successo. E' stata un'esperienza che non è fornita di aggettivi descrittivi, ma solo di respiri trattenuti e poi lasciati andare per lo stupore, la magia della nascita della consapevolezza che uno può avere di sé e delle proprie capacità.
La vita è così lunga e diversa alle volte. So che può sembrare strano sentire questa frase, ma è vero, basta che presti attenzione: con lunghezza non intendo il rumore silenzioso che produce l'urto tra il susseguirsi degli anni, piuttosto la lunghezza che hanno gli eventi a terminare.
Ci sono persone che sanno urlare basta, altre che, invece, riescono soltanto a sussurrarlo all'orecchio della persona sbagliata e, ciononostante, le cose non finiscono solo perché lo si era decretato. Il cuore della vita, alle volte, richiama a sé uno dei fili di cotone a cui era attaccata una delle tante storie ormai archiviate e decide di cambiarne i colori, le opinioni; di sfumare la rabbia e il rancore, per poi ripresentarti quel quadro precedentemente venduto sotto una luce diversa e indurti a ricomprarlo...il problema è che sarebbe sbagliato, però, perché le macchie ci sono sempre. Ma tu amavi ogni cosa di quel quadro: il soggetto, i colori usati dal pittore...persino le macchie e ora non riesci a ricordare neppure perché lo avevi dato via, anche se adesso gli altri stanno provvedendo a farlo: la delusione, il dolore nel guardare la parete dell'anima vuota.
Le persone non cambiano e questo, io fingo di saperlo, ma le persone non cambiano, soprattutto se non ritengono di aver sbagliato. E, dunque, mio caro, se credi di aver eseguito tutti gli esercizi alla perfezione, perché non hai ricevuto alcuna medaglia, ma solo un mandato di squalifica? Ah, ma a te questo non interessa, hai ragione. Beh, sappi che adesso non mi accontento più. Adesso non mi basti più. Non così: stavolta non ci sarà nessuna busta da riempire, nessun fiore da essiccare, questo parquet non soffrirà di nuovo, perché soffocato dal tuo peso. E neanche io.
Non c'è futuro, non c'è dolcezza o carezza in questa sorta di turbine masochista. Ci sei solo tu che ti stai arrogando il diritto di trattarmi come un oggetto di tua proprietà, quando in realtà non ti interesso neppure. Ma oggi non c'è futuro per noi. Oggi sei tu che hai bisogno di me e non io di te. Oggi sei tu quello sbagliato e non io l'errore di fabbrica. Oggi ti vedo con chiarezza e sei tu il bambino capriccioso, nonostante l'età. Oggi io sono cresciuta, oggi io sono diversa, oggi mi sento diversa, perché mi vedo finalmente e so che sono troppo per te. O tu sei troppo poco per me: punti di vista. Oggi non mi accontenti più: ho bisogno di fatti, ho bisogno di sentirti, di averti qui, di aspirare la certezza che tu ci tenga davvero a me, ma le persone non cambiano. Le persone non cambiano, no, non puoi cambiarle e allora sono io che divento un'altra. Me stessa, quella che avevo seppellito con foga durante una notte d'inverno e senza luna, per paura di non essere abbastanza. Vedi, io non sono mai stata abbastanza per te: tu non mi hai mai fatto sentire tale, però adesso so che, in realtà, sono sempre stata troppo e mi dispiace per questo. Mi spiace che tu ora sia rimasto senza parole, e no, non me importa nulla se mi dici che sono strana, perché devi fartene una ragione; tu non sie pronto a rischiare e io neppure a pensare di scommettere. Stavolta non perderò di nuovo gli occhi, per spedirli a te insieme ad frammento del cuore e a tutta la scatola cranica. Stavolta non me ne frega niente. Non avevo fatto caso a quanto avesse fatto male osservare quella parete vuota: la differenza si è notata quando mi sono accorta di non riuscire a trovare di nuovo un posto per quel quadro. Eppure la parete era ancora vuota.
Io e te non ci siamo. Non più e non ci sono parole poetiche per raccontar ciò che siamo stati. Tutto ciò che so è che ora non siamo niente, che ora non ci sei e, forse, è meglio se non torni, perché sono stanca...ancora scarabocchi sulle budella quando zappi nelle strade della mia mente. Ieri ho scoperto di avere la colite da più di un mese, che aumenta quando te ne vai, e tu te ne vai troppo spesso per i miei gusti. Tu mi fai del male. Tu sei il mio male e non c'è niente di romantico in questo.
Fui in stazione una domenica. Io odio le domeniche. Quel giorno fui lì per caso. Mi sedetti su una panchina del binario 13, poi la signorina dall'altoparlante annunciò l'arrivo del treno e di scatto le mie gambe si levarono. Faceva freddo quel giorno ed era nuvoloso: avrebbe piovuto. Indossavo un cappotto nero che sfiorava i polpacci fasciati da calze di raso. Alzai il bavero e i miei occhi iniziarono a schizzare da un vagone all'altro. Loro stavano cercando, ma la mia mente ancora non lo sapeva. Ti trovarono: eri in congedo quel giorno. Indossasti la divisa quella mattina e appena ti vidi il cuore mi saltò in gola. Non ti avevo mai visto prima d'ora. Non so bene cosa fu: forse il caso o, semplicemente, una losca folata di vento, ma i tuoi occhi incrociarono i miei e tutto sembrò iniziare in un'altra realtà, come in una pellicola degli anni '30. Le persone attorno a noi svanirono, il treno, forse, tornò indietro,ora non ricordo bene, e il caos tacque, come uno spettatore dopo l'apertura del sipario. Ascoltai il rumore dei tuoi passi in quegli istanti, poi quello dei miei,ma i miei occhi non riuscivano a liberarsi dai tuoi. Il silenzio scendeva sempre più fitto ed imponente e quando solo un alito di vento rimase a separarci, la mia schiena sì sentì stretta nella tua presa e una scarica dentro di me ordinò alla mano di cingerti il collo. I miei occhi si erano immersi nei tuoi e non riuscivano più ad uscire. Sentì il tuo respiro. La presa si fece più decisa, finché le mie labbra non incontrarono le tue e lì vi rimasero per un tempo che sembrò infinito e precario nello stesso istante. Il bacio finì, come l'ultimo battito d'ali di una farfalla, e il treno tornò e tu sparisti con lui. E il mio cuore soffrì. E andai avanti. E quella domenica volse al termine. Un mese dopo il binario 13 franò.
Ecco cosa siamo stati io e te. Una parentesi perfetta. C'è stato un tempo per noi e sembrava essere l'inizio di una vita, ma ora tu ti ostini a ripetere i tuoi sbagli, credendo che gli schizzi d'inchiostro siano i miei e io non so cosa fare...non so più se ne ho la forza.
Eri il mio 50% : avresti potuto far parte della mia vita entrando dalla porta principale ed essendo il MIO protagonista e insieme avremmo potuto spaccare il mondo ed essere felici come già facemmo tanti sorrisi e lune addietro, oppure potevi rimanere tra quelle anguste virgolette e essere relegato tra i tanti. 50 e 50: la scelta era tua. Eri libero e hai deciso. Io ero lì ad aspettarti con il cuore aperto e tu ci hai buttato dentro tanta polvere da farmi rimanere asfissiata e ora, anche se volessi, questo quadro non riesce più ad entrare qui. Bisogna che il pittore si adoperi a far qualcosa, perché, anche se il cuore lo vorrebbe ancora qui ,a tutti i costi, l'anima si sta ribellando: questo quadro ormai stona.
indipendence
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