giovedì 26 maggio 2011

le otto delle sette

Era il 10 Agosto. Faceva caldo e Annie era in spiaggia, come sempre. Era appena uscita dall'acqua e il sole le toccava il ventre evidenziando la sua carnagione ramata . Non le piaceva granché il suo corpo, ma si accontentava di com'era. Procedendo verso il suo ombrellone, sul  viso si fiondò un bigliettino portato dal vento.  Annie si affrettò a toglierlo e, nel farlo, lo lesse: "10 agosto. 21:30. Falò & beach party. Il lungomare è tutto invitato. Ti aspettiamo!". L'idea non le piacque affatto e buttò il biglietto in un cestino. La madre le chiese cosa fosse :" Stupidaggini, mamma. Piuttosto, stasera tu e papà uscite? Posso badare ad Eggie se vi va?" - "No, tesoro, non preoccuparti...in realtà, stasera io e tuo padre avevamo pensato di uscire...con la bambina. Sai, c'è la festa della figlia di alcuni nostri amici e compie 2 anni, come Eggie. Se ti va puoi venire oppure...potresti uscire o, o rimanere a casa"- " Credo che rimarrò a casa. Ho da finire un libro".

La Ciotat era una cittadina della Provenza che pochi conoscevano e per Annie era un piccolo rifugio vacanziero...lì nessuno poteva disturbarla.Lei non era una ragazza che amava stare con gli altri, o meglio, era una timida, che aveva difficoltà a fare il primo passo...in ogni cosa. Secondo il suo parere, la prima mossa, il primo "ciao", il primo "ci vediamo stasera?", il primo "Ti amo" o "mi piaci", il primo "siamo amici?" o "stasera esci con noi?" era dovere degli altri; lei non ne aveva il coraggio. All' impatto sembrava una ragazza sicura di sè Annie, ma, in realtà, non faceva altro che pensare al giudizio degli altri, a cosa loro pensassero. 
Tornata a casa, fece una doccia, lavò i capelli e si espose al sole del suo piccolo balcone per asciugarsi. 
Morfeo stava per prenderla tra le sue braccia quando sentì un urlo, poi un altro. Aprì gli occhi e vide due ragazzi in bici che, dall'altra parte della strada, lanciavano bigliettini come quello che lei aveva buttato poco prima.
Uno dei due fece una brusca frenata e incrociò lo sguardo di Annie. Il ragazzo si fermò e lei continuò a guardarlo, arrabbiata perchè aveva interrotto il suo pisolino pre-pranzo. Tutt'a un tratto l'altro pazzo ciclista lo chiamò: " Benôit! Ti sbrighi?! Alè Alè"- "Arrivo, Adrièn. Arrivo! Hey, la hai vista la mia frenata. Fantastica, non trovi? ....

"Benôit! Che strano e brutto nome era quello?"- pensò Annie rientrando in casa. "Questa città sta iniziando a scocciarmi, sai Eggie? Non si può stare un pò soli che ora arrivano anche i Barbari". La piccola la guardò con i suoi grandi occhioni e le fece un pernacchio.



                                                                         

Quando nacque Eggie, per Annie fu amore a prima vista. Catherine e Philip avevano aspettato un pò prima di comunicarle la notizia e, quando Annie lo seppe, sentì una sorta di malinconia montarle dentro in maniera del tutto spontanea. Dovette però fingere di essere felice, sia con i suoi genitori che con se stessa. Così, quando il discorso cadeva sulla gravidanza della madre, Annie abbozzava un sorriso e un "sì, siamo tutti felici di questa notizia che, di certo, cambierà le nostre vite..per sempre". 
Eggie fu data alla luce una mattina di Maggio. Catherine era in ospedale già da due giorni, mentre Philip era rimasto a casa per badare a quella piccola bimba che ormai - e lui ancora non riusciva a capacitarsene- aveva tredici anni. Quei due giorni di convivenza padre-figlia furono i due giorni più divertenti che Annie aveva passato fin ora. Philp tornava dal lavoro e si accingeva ad apparecchiare. Annie tornava dalla scuola e iniziava a cucinare. Il menù prevedeva un ampia scelta: uovo in camicia, uova strapazzate, uova e bacon, uovo alla coque oppure pollo alle verdure. Dopo pranzo la figlia lavava i piatti e il padre li asciugava con la radio sintonizzata sempre sulla stazione che preferiva Annie. Il pomeriggio quest'ultima, rimasta sola a casa, si nutriva della sua dose quotidiana di compiti, dopodiché chiamava la sua migliore amica, Noelle e insieme guardavano i film degli anni Ottanta che i genitori tenevano in cantina. Alla sera, dopo cena, papà e figlia chiamavano Catherine per avere novità, poi andavano su e si addormentavano insieme nel lettone dopo tante domande e risposte su come avevano trascorso la giornata e risate su tutti gli strani pazienti che il dottor Phill aveva visitato. Avevano raggiunto un equilibrio quando una mattina alle 5:00  il telefono squillò a casa Duboit. 
Annie fu svegliata- buttata giù dal letto- con un : "Tesoro! Tesoro sveglia, sveglia su!! La mamma sta per partorire. Vestiti. No, anzi, non vestirti! oppure..". Philip andava su e giù per la camera  cercando di non svenire. "Papà! Papà su, calmati. Vai a mettere la giacca e infila le scarpe.Io ti aspetto giù" - "Va bene, mon petit. Inizia a mettere in moto la macchina, così ci antici..tu non guidi ancora! Aspettami in garage. Farò presto". Arrivati in ospedale, Annie fu lasciata in sala d'attesa per un tempo che le sembrò infinito. "Signorina Duboit? Annie Duboit?" -"Sì, sono io"- "Bene. La stanno aspettando. Venga con me". Dovettero attraversare un lungo corridoio che odorava di chewingum e dentifricio, con le pareti rosa e bianche.La ragazzina dovette vedere diverse porte su cui  lesse diversi numeri.Arrivarono alla numero 245 e l'infermiera dalla carnagione scura aprì la porta: "Ti lascio sola, signorina. Conosci la strada ora". Annie sentì la porta chiudersi alle sue spalle, svoltò l'angolo e li vide. Philip aveva gli occhi lucidi e indossava ancora il camice e la cuffia verde che gli avevano dato gli infermieri per pentrare in sala operatoria. Teneva la mano alla moglie e insieme sembravano due adolescenti dopo il primo bacio. Catherine aveva un colorito pallido e i capelli corvini erano arruffati. Apparentemente sembrava essere appena passata sotto le ruote di un trattore, ma aveva un sorriso che, forse, Annie non le aveva mai visto prima d'ora. Gliela porse, dicendo: "Eccola. Questa è Eggie, tua sorella. Abbine cura...ora lei avrà occhi solo per te. Sarai il modello a cui si ispirerà. Prendila in braccio, fa con cura però". La tredicenne obbedì alla madre e fu lì che le due sorelle si videro per la prima volta. Come poteva essere così piccola una cosa che assomiglia così tanto ad un essere umano? Come aveva fatto, Annie, a sentirsi a disagio all'idea di avere una sorellina?. "Come puoi essere tu? Come puoi essere tu, così bella e tenera, ad essere mia sorella?". Pronunciando queste parole le scivolò dagli occhi una lacrima che sorprese tutti, persino l'interessata. "Tranquilla, piccola mia. Da oggi ci sarò io..sarò peggio del pancione della mamma, non ti perderò mai di vista."



Il resto te lo racconto un' altra volta. Tranquilla, non dovrai aspettare molto..
indipendence

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