Io sono come tutti .... so amare, tutti lo sanno fare ma nessuno lo fa come me...
Ora ti racconto una storia, una dolce storia
Stava diluviando e non avevo l'ombrello.
Ero appena tornata da un pomeriggio romantico con il mio ragazzo e capivo ben poco. Avevo i capelli ormai rovinati dalla pioggia e pensare che ero stata un intero pomeriggio a casa di una mia amica per farmeli così lisci. La pioggia si faceva sempre più insistente e il cancello del mio parco mi sembrava sempre più lontano, faceva caldo e c'era anche un po' di sole ma inspiegabilmente pioveva così forte da la mia pelle farsi male e i miei piedi nonostante le scarpe di pelle essere zuppi.
Passai accanto al meccanico c'era un cattivo odore di gomma bruciata. Aveva un faccia stanca ed un viso poco gioioso, forse aveva lavorato troppo. Era alquanto anziano oppure le sventure vissute durante la sua vita lo avevano segnato talmente tanto nel profondo che il suo corpo ne era rimasto segnato.
Con un altro passo lungo mi avvicinai alla pizzeria, era ora di cena e mamma mi aveva detto di prendermi una pizza perchè erano tutti usciti e io stavo sola a casa.
Inizialmente non volevo, mangiare da soli mette tristezza , ma potevo fare ben poco nel giro di pochi secondi mi ritrovai attirata dall'odore di quelle patatine fritte e del calzone ripieno che entrai senza accorgermene. Salii faticosamente lo scalino ed andai ad ordinare alla cassa. Una signorino abbastanza giovane scrisse su un foglietto ciò che volevo, una pizza con mozzarella e melanzane, e poi si guardò attorno un po' avvilita dalla tanta folla che c'era e dalle tante persone che avrebbe dovuto ascoltare per un'ennesima ordinazione.
Poverina! Era anche lei molto stanca e io mi chiedevo se avessi anch'io quell'espressione sul viso, speravo tanto di no ma in fondo la strada da casa del mio ragazzo alla mia era molta, e di certo la pioggia, la mancanza di metropolitane per guasto tecnico, e la distanza non mi avevano aiutato.
Aspettai per circa 20 minuti prima di poter avere la mia pizza calda e fumante. Mi venne l'acquolina in bocca quando la vidi, e pensai a tutto il tempo che ero stata vicino al cuoco per vedere come cucinava cosa che facevo sin da piccola.
Quando la signorina mi diede la pizza pagata solo 6.50 euro, me ne andai un po' più asciutta di come ero entrata.
Sceso lo stesso scalino e passai dinnanzi al supermercato Carrefour vedendo altre persone che continuavano a lavorare anche se esausta. MI chiesi immediatamente come sarei stata io alla loro età ma poi mi ricordai di aver detto alla mia migliore amica che non avrei parlato di futuro per un bel po'.Così come un nastro mi rimangiai questo pensiero e lo scacciai in malo modo.
Stava ancora piovendo ma ormai la pioggia stava per cessare.
Giunsi finalmente al cancello del mio parco ma non so perchè da sempre mi aprii.
Era anche lei stanca e mi chiedevo se esistesse qualcuno in questa città con una voce o un faccia piena di vita.
Salii la salita per arrivare al portone del mio palazzo e scivolai come una stupida con il sedere a terra, la pizza cadde ma non si fece una schifezza. Un mio vecchio amico mi aiutò ad alzarmi e mi fermai a parlare con lui sotto il suo ombrello per pochi minuti, finchè lui non mi accompagnò al portone per non farmi bagnare anche se ormai ero zuppa.
Lo salutai con gioia perchè in fin dei conti mi era mancato quel bastardo, devo essere sincere sì era un bastardo ma uno di quelli che sa farsi mancare.
Scesi e salii altre scale poi chiamai l'ascensore che però era occupata da qualcuno che stava salendo al settimo piano. Quando il pulsante si fece verde lo premetti e l'ascensore per mio volere ( Sì mi sento potente) scese. Aprii la porta e sentii un miagolio disperato, pochi giorni fa avevo perso il mio gattino, e ora la mia casa era deserta.
Ma subito mi concentrai su questo miagolio insistente non capivo da dove provenisse e pensai forse che si trovava sotto l'ascensore. Così presi la torcia del mio cellulare e illuminai sotto di essa grazie ad un po' di spazio che c'era fra la cabina e il muro.
Quella luce illuminò una sporcizia schifosa ma anche un piccolo essere tigrato con il petto bianco, un occhietto lievemente ferito ed una zampina che non poggiava a terra perchè forse nell'impatto con il pavimento si era fatto/a male.
Era bellissimo e bellissima non sapevo ancora il sesso ma di lì a poco se non l' avessi salvato sarebbe morto.
Chiamai i vigili del fuoco e li aspettai impedendo a tutti di usare l'ascensore per paura che il micio si potesse far male o semplicemente mettersi paura.
Mentre sentivo la sua vocina miagolare mi si aprii il cuore, me lo sentivo strappare, sentivo il suo dolore come se fosse stato il mio, le sue zampine cercavano di salire ma era troppo piccolo/a per riuscirci.
Mi stavo già legando a questo micetto e non potevo lasciarlo lì da solo.
Avevo un piccolo orologio al polso e lo guardavo con ansia, non riuscendo a capire perchè questi maledetti vigili non arrivassero. Le lancette scorrevo lentissime, il mio sguardo passava dalle lancette al micio, lancette- micio, lancette- micio. Ad un tratto un rumore mi interruppe, erano finalmente arrivati i vigili.
Ci avevano messo molto e li avevo rimproverati per questo, ma ero contenta di non essere la sola e sola a sentire quel lamento che diventava sempre più insistente.
Nel giro di poco tempo lo salvarono, un ragazzo più o meno mio coetaneo scese nell'ascensore e lo prese. Poi con gentilezza me lo porse e io feci un gesto per aprire le mani ma lui me lo mise sul petto. Le sue mani erano calde e lo so che no dovrei averlo pensato ma era proprio bono. Mi chiese se era mio ma io ero troppo intenta a guardare negli occhi quell' animaletto e a coccolarlo. Lo volevo rassicurare ma non sapevo come fare ed ero preoccupata. Forse il ragazzo se ne accorse e mi chiese se sapevo come fare per guarirlo io dissi di no. Lui mi fece un sorriso a trentadue denti e mi dissi che era vigile del fuoco come volontario in realtà era veterinario.
Subito il mio sguardo si illuminò e gli chiesi una mano.
Uscimmo dal portone e andammo dalla prima farmacia che avesse anche cosa per animali. Prendemmo tutto il necessario per curarlo e sverminarlo.
Salimmo a casa mia, nel frattempo il mio ragazzo chiamò un paio di volte ma io non risposi.
Lo curò e dico lo perchè è maschio con un amore unico, i suoi occhi brillavano dalla felicità e LUI non era stanco, nemmeno un po'.
Riconobbi una parte di lui in me, e una parte di me ne rimase stupita.
Il micetto si era talmente affezionato che mi stava attaccato come un koala, era mio ormai e non potevo farci nulla. Il veterinario/ vigile mi aveva colpito e aveva salvato qualcuno di importante per me.
Nei giorni successivi trascorsi molto tempo con lui naturalmente per il micio, chiamato Snoopy.
Gli stava una meraviglia questo nome, era proprio un bel gattino, tutto mio. Aveva già preso una brutta abitudine quella di dormire con me e si era molto affezionato al suo veterinario.
Il mio ragazzo non sapeva ancora di lui, ODIAVA gli animali. Non sapeva nulla del veterinario che ogni giorno era sempre più bello e attraente.
Il micio guarì alla zampetta, fu vaccinato e mise anche incinta una bella gattina. Quanto a me, diciamo che mi godo il mio veterinario e quando dormiamo assieme condividiamo una parte del nostro mondo con quell'esserino magico che mi ha resa la persona più felice del mondo.
Quel gatto dalla zampetta rotta mi aveva sconvolto la vita.
R.
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